“Tuttinpiedi”, arriva l’Armata Brancaleone

armata brancaleone 1L’Armata Brancaleone è un gruppo musicale veracemente marchigiano. Fabio Valori (Voce), Giovanni Cofani (Fisarmonica), Laura Tamburrini (Violino), Giancarlo Pelletta (Chitarra acustica), Evandro Borgiani (Chitarra acustica), Marco Casadidio (Batteria), Roberto Caponi (Basso), Silvio “Hush” Moglianesi (Fonico) raccontano, con spontaneità, un microcosmo fatto di storie e personaggi , spesso ai limiti della società. “Tuttinpiedi” è il titolo del disco che hanno pubblicato nel 2012 e, in quest’intervista, essi ci raccontano la loro musica con l’energia che li contraddistingue.

Cosa racchiude in sé il nome L’Armata Brancaleone?

Ai protagonisti dell’omonimo film ci accomuna il fatto di avere una semplicità d’animo e obiettivi bizzarri da perseguire “nonostante tutto”….tanto per citare il titolo del singolo del nostro album.

Come è iniziato il vostro percorso musicale in quel di Macerata nel lontano 2001?

Dopo un precedente tentativo, naufragato per divergenze più caratteriali che artistiche, un paio di amici si sono tenuti in contatto sapendo che prima o poi ci avrebbero riprovato. Il 2001 fu l’anno buono per ripartire cercando il resto della band tra conoscenti e amici e dando la priorità più al rapporto umano che all’abilità musicale. Lontana da rivalità o personalismi è nata L’Armata Brancaleone. Secondo noi per fare une buona band bisogna prima di tutto volersi bene.

La vostra musica pare essere in costante equilibrio tra un rock impegnato e il folk più festaiolo. In quale di queste due dimensioni vi rispecchiate di più e perché?

E’ indubbio che i due ingredienti si fondano bene e noi siamo il cuoco che li mescola. Quando si ha a disposizione un microfono e un piedistallo a forma di palco è un peccato non cogliere l’occasione per portare a conoscenza di chi ascolta le cose che reputiamo importanti non per noi ma per la collettività; associata a quest’aspetto la musica “festaiola” può servire sia a veicolare il messaggio che a disimpegnare quanti nel momento in cui ci ascoltano preferiscono lasciarsi trascinare dal ritmo dei nostri brani o dalle melodie di violino e fisarmonica.

Ci raccontate qualche aneddoto del tour del 2007 in Bosnia Erzegovina? 

E’ stata l’esperienza più stravagante in assoluto. Organizzata con la collaborazione di contatti in loco e autofinanziata riempiendo un autobus di avventurieri oltre alla band. Iniziammo il tour con l’arrivo “trionfale” al confine Croato/Bosniaco: autobus in panne con gendarmi armati stile guerra fredda a perlustrare il mezzo. La sera del primo concerto in un fumoso pub ci fu una trattativa sull’opportunità o meno di suonare “Bella Ciao” che avevamo in repertorio. Non eravamo lontani dalla fine del conflitto e non conoscendo le dinamiche politiche del posto poteva essere un azzardo molto rischioso. Ad un certo punto in mezzo ad un capannello di energumeni che confabulavano, birra alla mano, nella baraonda generale uscì fuori qualcuno che diede l’ok e noi attaccammo quasi ad occhi chiusi. Fortunatamente fu un successo e scoprimmo sbalorditi che la cantavano in italiano! Poi ci fu anche l’incontro con la rakija, una formidabile grappa aromatizzata alla prugna, che dopo il primo sorso, abbastanza impegnativo, va giù come l’acqua e se non fai attenzione ti ritrovi sulle montagne russe. A seguito dei ripetuti sorseggi ovviamente qualche altro aneddoto si è offuscato ma è grazie alla rakija che conoscemmo Goran Alkolic che ci raccontò la sua visione della vita e che abbiamo raccontato nell’omonimo brano.

“Tuttinpiedi” raccoglie un gruppo di storie di personaggi borderline. Con quale intento le avete scelte e qual è il messaggio che vorreste trasmettere attraverso questi brani così particolari?

Raccontare storie è il modo più efficace e diretto per trattare le diverse sfaccettature di un argomento. Quando si racconta una storia, vera o inventata, si descrivono le cose sempre come fossero reali. Ciò serve per dare un assunto all’ascoltatore che non si troverà a dover prendere coscienza di qualcosa ma a parteggiare a favore o contro. Le storie ti mettono davanti allo specchio: sei in empatia con il protagonista o con chi lo avversa?….e perché?  Sarà a questo punto poi, per chi ne avrà voglia, che la riflessione potrà realizzarsi attraverso una conseguente presa di coscienza.

Nel vostro disco ve la prendete con “saccenti, ciarlatani e ruffiani”. Qual è il vostro antidoto?

L’antidoto è lo stesso della regola fondamentale del giornalismo: verificare la fonte. Quando ci si trova davanti ad un millantato fenomeno non bisogna fermarsi all’apparenza ma verificare le credenziali. Un po’ di sana diffidenza fa vivere più sereni.

armata 2Come siete riusciti a trovare un vostro equilibrio pur essendo in sette nel gruppo?

Ce lo chiediamo spesso anche noi. In 12 anni abbiamo fatto centinaia di concerti e si sono avvicendati vari musicisti, il tutto senza litigi o rese dei conti come di solito avviene in ogni band. Toccando ferro, possiamo dire che si tratta di una sorta di miracolo dovuto al fatto che nei momenti critici invece di alzare le barricate smussiamo gli angoli del nostro ego.

Quali sono state le collaborazioni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del vostro gruppo?

Non fu una collaborazione ma un incontro forse a farci guardare con altri occhi le cose. Nel 2009 era da poco uscito il nostro primo demo, avevamo lasciato la strada delle cover e avevamo scommesso tutto, non senza timore, sui nostri brani. A giugno ci trovammo ad aprire il concerto della Bandabardò. A fine serata ci intrattenemmo con i ragazzi della banda a chiacchierare per ore e come fratelli maggiori ci dispensarono una quantità tale di consigli che in seguito hanno influito notevolmente sulla prosecuzione del nostro cammino.

“Sangue, intelligenza e sudore” è l’immagine dell’Italia che ancora suda e lavora sodo. Voi appartenete a questo schieramento del paese. Come vivere le difficoltà contingenti?

 Nei momenti di difficoltà generale, come quello che stiamo vivendo, si tende sempre all’individualismo, al “mors tua vita mea”, all’  “io speriamo che me la cavo”. Questa tendenza non fa altro che acuire le diversità e di conseguenza i problemi sociali dovuti alle differenze di condizione socio-economica.

Bisognerebbe invece puntare in alto cercando di afferrare il meglio per se stessi tendendo, allo stesso tempo, una mano a chi rimane indietro. Una concreta catena di riscatto e altruismo.

Quanto della cultura marchigiana c’è nel vostro background?

 L’Armata Brancaleone è una band della provincia di Macerata anzi per di più dell’entroterra maceratese nel bel mezzo delle Marche. Così ci ritroviamo a portata di mano tutta la regione e le sue tradizioni che nel corso degli innumerevoli pellegrinaggi pagani non manchiamo di sperimentare. Così, spinti da una “fiamminga de vincisgrassi”(trad.vassoio di lasagne) e un “fiascu de Verdicchio, abbiamo messo in musica il nostro ruspante dialetto presente in tre tracce del nostro album “Tuttinpiedi” e, dal vivo, suoniamo il micidiale saltarello marchigiano che, a fine concerto, stende quanti ancora avevano un minimo di velleità danzereccia.

Quale dovrebbe essere, secondo voi, l’approccio del pubblico alla vostra musica per comprenderla fino in fondo? 

Probabilmente è come per i libri: se lo si lascia a metà  è colpa del libro e non del lettore. Così se qualcosa della nostra musica non è comprensibile dovremmo essere noi a cambiare approccio. Se proprio volessimo dare un consiglio potremmo invitare a non fermarsi al primo ascolto visto che cerchiamo di mettere molta cura non solo nella musica ma anche nei testi e negli argomenti.

Quali sono i vostri progetti imminenti?

 Dopo il tour estivo e l’uscita del video del brano intitolato “Nonostante tutto”, stiamo lavorando in sala prove per preparare il tour invernale. Saremo anche impegnati con la promozione del disco che prevede la partecipazione a programmi radio, showcase e interviste. Insomma saremo a disposizione di chi avrà la curiosità di sapere qualcosa in più su L’Armata Brancaleone.

 Raffaella Sbrescia

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