Per Corrado Augias, Papa Francesco lascia a Cesare quel che è di Cesare

Salone del libro di TorinoSe ci fosse la possibilità di poter figurativamente rappresentare il delirio, basterebbero le sensazioni provate girando vorticosamente tra un evento e l’altro al Salone del libro nella giornata di sabato. Probabilmente, i 400mila visitatori previsti nell’arco dei cinque giorni di apertura si sono concentrati proprio sabato 10 maggio. Momenti in cui era difficile camminare tra i padiglioni. Boom di pubblico e boom di eventi, difficile dover scegliere, tanto quanto raggiungere i luoghi deputati agli incontri. La mattinata è iniziata con Corrado Augias che nella Sala Gialla ha presentato il suo ultimo libro “Tra Cesare e Dio” (Rizzoli). La serietà, la competenza, l’eloquio chiaro e semplice di un uomo di grande cultura, che con notevole senso di umiltà ha reso l’incontro un piacevolissimo dialogo col pubblico accorso numeroso.

Corrado Augias
Corrado Augias

Il direttore della kermesse, Ernesto Ferrero, ha lodato la mancanza di autoreferenzialità da parte di Augias, che si è scusato più volte, signorilmente, per i tre minuti di ritardo sull’orario previsto. «Tanti libri sono stati scritti su Papa Francesco, segno che ha colpito molto tutti quanti – ha esordito – e ci sono solide ragioni che io ho utilizzato per porre l’attenzione sull’Italia e sul rapporto che intercorre con lo Stato della Chiesa cattolica. Quest’ultimo, con la sua azione politica, ha avuto una grande influenza nei confronti del Paese. Papa Francesco non utilizzerà questa influenza». Nel suo libro è allegata l’Evngelii gaudium, l’esortazione apostolica del papa che, ha spiegato Augias,  «consiglio a tutti di leggere e sapete che io non sono cattolico». Ha proseguito poi, sempre con bella lucidità, con un’analisi dei comporamenti di Papa Bergoglio definendolo un gesuita che si fa francescano nell’esempio. «Non è populismo il suo – precisa – . Il populista promette, il suo è un messaggio sereno, direi allegro. L’Italia è stata terra prediletta dalla Chiesa, c’è un legame secolare sin dai tempi del Regno pontificio che, in un occidente laicizzato, era un baluardo da difendere, a costo di manipolare la legislazione italiana. Ecco, penso che sia un periodo finito finchè ci sarà Francesco. Ed essendo finito, è presumibile ed auspicabile che anche il comportamento di molti nostri parlamentari cambi». Ha poi dato spazio alle domande del pubblico e grazie a queste ha potuto affrontare e ribattere, sempre col suo aplomb, alle polemiche suscitate da Giuliano Ferrara col suo libro “Questo Papa piace troppo” che ha definito Francesco un relativista. «Potrei ribattere che sia nel relativismo, presunto da Ferrara, che nel dogmatismo assoluto, ci sono rischi tremendi. Francesco ha restituito un fascino che si stava perdendo, pur tra mille opposizioni interne alla curia».

Alberto Angela
Alberto Angela

La compostezza di Augias ha lasciato spazio subito dopo, sempre nella Sala Gialla, all’intervento di Alberto Angela e alla presentazione del suo libro “I segreti della Cappella Sistina” (Rizzoli editore). Seicento spettatori ammutoliti di fronte alla bellezza assoluta delle immagini proiettate e sapientemente spiegate dal bravo Angela, conduttore di tanti programmi televisivi e degno erede di Piero. Un’ora di meraviglia, di aneddoti, curiosità, leggende e storia di uno dei capolavori dell’arte mondiale. A cominciare dalla descrizione di una Roma che, tornati i Papi da Avignone, versava in uno stato di abbandono e degrado finché «Sisto IV decise di ristrutturare la Cappella Palatina –  spiega Angela – che prese il suo nome, per rilanciare l’immagine di Roma come centro della cristianità. Il primo passo fu il pavimento, in stile cosmatesco, un fitto mosaico di marmo realizzato col materiale depredato dagli edifici romani in abbandono. Gli affreschi laterali furono commissionati ai migliori artisti in circolazione, i cosiddetti quattrocentisti, tra cui eccellevano Botticelli, il Perugino, Pinturicchio, Cosimo Rossellini». Un racconto affascinante, nel suo tipico stile, con cui accenna alle tante scoperte fatte in seguito ai restauri, ma anche ai tanti artisti che concorsero alla realizzazione di questa meraviglia, come Raffaello, che realizzò gli arazzi nella parte più bassa. «Tutti questi artisti straordinari – ha concluso – ci hanno lasciato non solo un capolavoro, ma soprattutto un’emozione!». Alberto Angela riesce ad illustrare il suo libro suscitando grande curiosità e ammirazione e annuncia l’uscita, a giugno, di un nuovo lavoro completissimo e ricco di rivelazioni sui Bronzi di Riace. L’incanto dell’incontro con Angela è stato prontamente, ma solo in parte, rovinato da un’organizzazione, che oggi ha mostrato i suoi limiti fornendo pochissime copie agli spettatori che volevano una dedica dall’autore e scatenando le proteste di centinaia di persone rimaste a bocca asciutta. Ma questo sabato è stato davvero ricco di iniziative, bastava aggirarsi tra gli stand per capirlo. E`stato piacevole scoprire piccoli stand, piccole realtà tra i giganti dell’editoria, come quello della Federazione Malattie rare infantili, presente al Salone da cinque anni, stoici nel mare magnum e capitanata (nomen omen) da Luca Nave. E in questo “mare agitatissimo” ci si imbatte facilmente in eventi magari colpevolmente non notati nel programma, come Francesco De Gregori all’Arena Bookstock, il luogo più caldo, in tutti i sensi, del Salone. Scene da panico, norme di sicurezza allegramente infrante, giusto il tempo di fare due foto da sotto il palco e via, dopo aver ringraziato l’addetta stampa che mi ha permesso di schierarmi nella muraglia dei fotografi. Di corsa, eufemismo vista la densità di corpi che ormai invadono ogni angolo calpestabile, torno nella Sala Gialla per assistere all’incontro con Ferzan Ozpetek, condotto da Luciana Littizzetto. Ozpetek è sicuramente un valente regista, molto amato, e al Salone ha presentato il suo primo libro “Rosso Istanbul”. Ma purtroppo nel corso della presentazione, un po’ confusionaria,  si è capito poco del libro; quindi a volte gli appuntamenti minori sono quelli più interessanti. Sabato sono stati presentati i libri scritti da Giulia Manzi (figlia del celeberrimo Maestro) “Il tempo non basta mai” e da Vauro Senesi, famoso vignettista noto ai più per le sue apparizioni in tv nei programmi di Santoro, “Storia di una professoressa”.  Sentir parlare di scuola, delle sue problematiche legate anche ad una deriva sociale e politica e del ricordo di un grande insegnante come Manzi nel suo rapporto con la figlia, con una tale ricchezza di concetti, parole, argomentazioni lessicalmente affascinanti, ma soprattutto con la passione che non sempre emerge nei grandi appuntamenti, è servito a restituire un senso di appagamento culturale mancato nell’incontro precedente. Al termine di una faticosissima ma stimolante giornata, l’incontro fugace con Niccolò Ammaniti nello stand del suo editore, chiude degnamente la serata. Qui si resiste, nella trincea della cultura.

Paolo Leone

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