IL QUADRO SEGRETO DI CARAVAGGIO

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, sempre al centro del dibattito culturale e artistico italiano grazie  al ritrovamento, da parte di un’equipe di studiosi guidati  da Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, di 100 disegni, che sembrerebbero appartenere al Caravaggio, al restauro de “La Resurrezione di Lazzaro”  e alle numerose pubblicazioni sull’artista italiano. Tra queste merita una particolare attenzione il thriller Il Quadro segreto di Caravaggio, edito dalla Newton & Compton e scritto da Francesco Fioretti, autore de “Il libro segreto di Dante”.  Il romanzo ha ottenuto subito un grande successo tanto che è alla seconda edizione nel giro di una settimana.

Il libro

Roma, 1604. Strani delitti di prostitute funestano la Roma caravaggesca. Quale mistero si nasconde dietro queste morti? Caravaggio è un artista sempre piùapprezzato da nobili e alti prelati, ma anche molto malvisto dai tanti altri pittori, che non sopportano la sua scelta di utilizzare, per i suoi dipinti, soggetti di estrazione popolare, addirittura prostitute. Un giorno una di loro, Anna Bianchini, viene trovata morta nel suo letto dall’amica Fillide, altra musa del pittore. Giunto a casa di Anna, Caravaggio ritrae le due donne un’ultima volta. La Morte della Vergine fa però scandalo e il quadro viene rifiutato dalla chiesa di Santa Maria della Scala. Ma ormai la vita di tutte le modelle di Caravaggio sembra essere a rischio. Il pittore non può assistere impassibile a quel che accade e inizia così la sua personale indagine insieme alla sua compagna. Lena s’introduce quindi nel Convento delle Convertite, un luogo che accoglie belle prostitute in cerca di redenzione. Ma è da lì che le due donne uccise avevano però deciso di uscire. Per quale oscuro motivo? C’è un ambiguo legame che lega quel convento a uno strano palazzo in cui si riuniscono alcuni pittori… Proprio quando tutti i pezzi sembrano trovare il loro incastro e Caravaggio è vicino alla verità, un’accusa di omicidio lo costringe a fuggire da Roma. Che ne sarà di Lena, la donna che ama? Anche lei è un’ex prostituta…Una trama che si snoda attraverso i quadri più significativi del grande artista; a ogni capitolo corrisponde un quadro del Caravaggio permettendo al lettore di seguire l’artista all’opera nei suoi momenti più intimi, tra ispirazioni e incertezze. La voce narrante di Caravaggio si alterna alla trama delle vicende, immergendoci nei mondi sordidi delle prostitute e degli artisti e in quellisontuosi dei cardinali e dei principi. In questo secondo romanzo Fioretti sembra trovare una naturale identificazione con il suo personaggio, ricreando con delicato tratteggio le inquietudini artistiche e umane del grande artista, e ricostruendo con vivide atmosfere gli ambienti del primo Seicento.

Riceviamo e pubblichiamo dall’ufficio stampa della casa editrice la seguente intervista all’autore, Francesco Fioretti

Come hai vissuto il successo del Libro segreto di Dante?

Con soddisfazione e incredulità. Non mel’aspettavo, sinceramente: dopo il rifiuto di una decina di editori non avevo certo il morale alle stelle e la risposta positiva della Newton Compton mi sembrava già tanto. Quando ho scritto il libro non pensavo né alla pubblicazione, né alle vendite, era untentativo di scrittura creativa di cui, all’inizio, non sapevo se sarebbe riuscito. Non ho comunicato quasi a nessuno che lo stavo scrivendo, perché non ero sicuro che lo avrei terminato. Poi, invece…

Com’è nata l’idea di questo nuovo romanzo?

Nel 2010, quarto centenario della scomparsa di Caravaggio, sono uscite decine di nuovi libri sul grande pittore lombardo. La sua vicenda esistenziale e artistica mi affascina da sempre, in più c’è, sullo sfondo, come nel primo romanzo, l’inizio di un’altra profonda e grave crisi economica che segnerà la storia del nostro paese (che, sia detto per inciso, conosce il problema deldebito pubblico a partire dal XIII secolo). È la continuazione di un’indagine sul nostro passato già avviata dal primo romanzo, con due temi di fondo: lacrisi, ovvero la storia economica, e i rapporti tra arte e potere. Sono duetemi centrali per capire chi siamo, per riflettere sulla nostra identità, emagari per affrontare il futuro evitando di ripetere sempre gli stessi errori.

Dopo il successo del suo romanzo di esordio, è cambiato il suo rapporto con la scrittura?

Solo esteriormente. Il primo romanzo l’ho scritto quasi di nascosto, mentre adesso posso andare in giro dicendo che faccio lo scrittore part-time. Ma nella sostanza non è cambiato nulla, si tratta sempre di litigare con le parole usuali, nello sforzo di trovare la forma più adeguata ad esprimere ciò che un certo tema mi suscita dentro. Il successo del primoromanzo al più mi incoraggia a proseguire sulla stessa strada. La scommessa è quella di non mettersi a competere, come fa tanta narrativa contemporanea, con l’arte del cinema. Ciò che un romanzo può raccontare meglio di un film è l’interiorità dei personaggi e, secondo me, non deve rinunciare mai a farlo. Un romanzo tutta azione è solo un film mal riuscito e faticosissimo, che può durare fino a una settimana, mentre un film può dire le stesse cose in meno di due ore. Ma nessun film ci potrà mai raccontare con la stessa efficacia di un buon romanzo i pensieri di un personaggio, i moventi del suo agire, il suo “codice esistenziale”, per dirla alla Milan Kundera. E ognuno deve fare la propria parte.

Rispetto al primo romanzo è però cambiato il rapporto tra realtà e finzione, i personaggi di fantasia, ad esempio, sono molti di meno. Come mai?

Sono soltanto due figure marginali quelle radicalmente inventate. Tutti gli altri personaggi saltano fuori dalle cronache e dai verbali di polizia del tempo. Ciò non significa che lo spazio dell’invenzione sia più circoscritto, ma che, rispetto al primo romanzo, è cambiato il metodo. Qui ho lavorato molto sui quadri di Caravaggio e degli altri pittori del tempo, facendo scaturire la storia il più possibile dalle immagini. In più, rispetto alla biografia dantesca, nel caso di Caravaggio la documentazione è molto più abbondante, e bisogna tenerne conto. Però i verbali di polizia, ad esempio, sono in parte documenti muti, gli interrogatori tendono esclusivamente all’accertamento dei fatti, ma non ne indagano quasi mai le cause o i moventi, che sono tutti da ricostruire: di qui si apre ampio spazio alla fantasia.

Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato nella costruzione di questo romanzo?

Quando si affronta un personaggio come Caravaggio si ha l’impressione di avere a che fare con una personalità schizoide: da una parte c’è quello che comunicano i quadri, un artista sensibilissimo e colto, conoscitore d’arte come pochissimi al suo tempo, dall’altra i verbali giudiziari e i resoconti dei contemporanei che lo conobbero, da cui emerge la figura del bravo manzoniano trasandato eviolento. Il problema è stato quello di ricomporre questi aspetti contrastanti in una psicologia coerente, e magari di riconoscere, proprio in questa discrepanza tra ciò che ha da dire e come lo vedono gli altri, il sintomo inequivocabile di un rapporto molto difficile coi propri tempi, che nella sostanza lo fraintendono sistematicamente.

Secondo lei, cosa rende Caravaggio una delle figure più affascinanti per il pubblico letterario e artistico di oggi?

È insieme l’ultimo autore del Rinascimento e il primo contemporaneo, come Cervantes e Shakespeare: un punto di equilibrio fragilissimo tra Michelangelo e Van Gogh. È in un certo senso allo stesso tempo l’ultimo grande “platonico” e il primo grande “fotografo” della storia dell’umanità. Ha un senso dell’inquadratura e della costruzione dell’immagine che anticipa addirittura il cinema. L’unico problema che si ha nell’identificazione e nell’attribuzione delle sue opere mature è quello di distinguerlo dalle centinaia di imitatori che ha avuto dopo, quasi mai si corre il rischio di confonderlo con i suoi predecessori, e questo di per sé la dice lunga sulla sua grandezza.

Anche in questo caso hai scelto di fondere la storia con il giallo. Dante era materia di studio per te. Come si è svolto invece il lavoro su Caravaggio e il suo tempo?

Caravaggio mi affascina da sempre, quasi quanto Dante, e nel 2010, quattrocentesimo anniversario della morte, segnato dall’uscita di tanti nuovi libri che hanno chiarito qualche ulteriore aspetto della sua personalità, mi sono rimesso aleggere le più recenti biografie. Certo, sul Seicento ero meno ferrato che sul Due-Trecento, e ho dovuto documentarmi, ma, rispetto al primo romanzo, che attraversava quasi tutta l’Italia, questo è ambientato a Roma, dunque è stato più agevole circoscriverne lo spazio narrativo. In realtà, poi, anche qui si parla di crisi economica, un’altra crisi rispetto a quella del Trecento che faceva da sfondo al romanzo su Dante, ma anche questa caratterizzata dalla politica delle grandi banche e dalla paralisi produttiva. E i rapporti difficili tra un artista e il suo tempo sono ancora uno spunto di riflessione che trascende il momento storico in cui il romanzo è ambientato.

Su quali elementi ha puntato permostrare al lettore di oggi la complessità umana e artistica di Caravaggio?

Ho cercato di ricostruire la sua “mistica” del gesto pittorico nel suo significato profondo, la sua originale assimilazione e trasposizione in pittura dell’idea michelangiolesca della scultura. Un gesto che l’ambiente in cui vive, che dalla maniera sta passando insensibilmente al barocco, fraintende alla grande. Horappresentato il suo rapporto difficilissimo con la cultura ufficiale, tra Controriforma e Accademia. Ma al tempo stesso la sua ostinazione a proseguire malgrado tutto sulla sua strada, consapevole quant’altri mai di aver inaugurato con la sua sperimentazione una nuova era della pittura.

Dante e Caravaggio: nel tuo immaginario c’è qualcosa che li accomuna?

Pochissimo sul piano della personalità, mentre su quello del linguaggio artistico ciò che mi affascina di entrambi è la straordinaria capacità di sintesi. Caravaggio, come Dante, costruisce le scene delle sue tele senza mai disperdere l’attenzione del pubblico sui dettagli insignificanti. Mette a fuoco tre o quattro particolari importanti su cui spara la sua luce violenta e, persino nei suoi quadri più affollati, riesce sempre a creare un’immagine unitaria, magari attraverso i movimenti delle teste, delle mani, o dei tessuti. È il ritmo della visione che s’imprime nella memoria, come i versi di Dante, per non uscirne più.

Progetti?

Vorrei scrivere prima o poi un libro di divulgazione su Dante: Le 101 cose che bisogna sapere di Dante per rimuoverci dalla miseria della nostra condizione ed essere (finalmente) felici. Lo proporrò all’editore, che di 101 cose s’intende assai…

 

 

 

 

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