Giuseppina Torregrossa: Il figlio maschio, recensione

giuseppina-torregrossa-il-figlio-maschio-recensioneLeggendo Il figlio maschio (Rizzoli), il nuovo romanzo di Giuseppina Torregrossa, mi sono tornate alla mente storie, anche familiari, di un Sud tremendamente bello ma sempre uguale nelle sue mille contraddizioni. Vicende di donne, però, condizionate da mamme e da suocere, troppo desiderose di avere in famiglia il tanto acclamato figlio maschio, perché qui a Mezzogiorno i maschi hanno sempre avuto l’ultima parola. Comandavano, dettavano le regole e soprattutto continuavano a vivere nella casa natia anche dopo le nozze, a differenza delle femmine che avevano bisogno di una dote, a volte cospicua, e che lasciavano i familiari d’origine per andare a vivere con il marito. Eppure, dietro ad ogni decisione presa da un uomo, c’era la saggezza o gli squilibri emotivi di una donna. Comunque, ahimè, non tutte le storie sono uguali. Ve ne racconto una. Annina era una ragazza come tante che sognava piccole cose. Lei non poteva sperare diversamente perché era nata femmina e, quindi, se tutto fosse andato secondo i piani, avrebbe avuto un marito, dei figli e, forse, anche dei suoceri da accudire. Pensava che avrebbe potuto scegliere ma, per lei, le cose non andarono secondo i piani. Rapita da un gruppo di uomini, assoldati da un ragazzo che si era invaghito di lei, dovette sposare suo malgrado quest’ultimo per evitare lo scandalo. Visse di stenti e morì qualche anno dopo. Sono state tantissime le donne umiliate e ferite nel loro orgoglio. Il romanzo di Giuseppina Torregrossa mi ha fatto ricordare (forse per il titolo) queste vicende, conducendomi quasi per mano in una terra bellissima, la Sicilia. Ho così potuto conoscere una famiglia di librai realmente esistita. Le pagine de Il figlio maschio attraversano il Novecento con delicatezza; mi aspettavo un protagonista al maschile e invece ho trovato personaggi femminili che decretano il successo degli uomini.

Tutto comincia nel 1924 a Sommatino, dove vive con la sua prole la straordinaria Concetta Russo, una donna passionale, amante della cultura, che fa studiare i figli (maschi e femmine), nonostante il marito contadino – Luigi Russo – non voglia. Quest’uomo è uno dei personaggi più significativi del romanzo. Rappresentante della vecchia forma mentis siciliana, che ritroviamo tra le numerose opere di Giovanni Verga, sembra uscito, infatti, dai Malavoglia. Come un’ostrica, Luigi si attacca ai suoi averi in nome di un passato che sta tramontando. Filippo (uno dei figli maschi), per lui, deve zappare per trarre i frutti dalla terra. Invece questo non accade. Il ragazzo si trasferisce a Palermo, dove con l’aiuto della sorella Concettina apre una libreria. Gli anni passano e la storia di Vito Cavallotto (il figlio maschio di Concettina) comincia a prendere forma appassionandoci. L’amore per l’editoria è il vero protagonista del libro. Grazie alla passione di un gruppo di donne, che hanno plasmato i loro figli maschi, sono nate in Sicilia le librerie Cavallotto e la Casa Editrice omonima, adesso gestite da Adalgisa, moglie di Vito, e dalle tre figlie. Il figlio maschio di Giuseppina Torregrossa, complessivamente, è un libro appassionante e ricco d’ispirazione per chi come me crede nella forza delle donne, un tempo all’ombra di mariti e padri onnipresenti oggi vere protagoniste della loro vita. Voto: [usr 3.5]

 

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