Giorgio Armani: autobiografia di un «rivoluzionario»

“Sono rigoroso nel metodo e libero nei risultati”, Giorgio Armani

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Armani e il cinema: un binomio che affascina. Come traspare anche dall’autobiografia edita da Rizzoli che s’intitola semplicemente Giorgio Armani. Un libro di 576 pagine, in cui lo stilista scrive anche del rapporto con la settima arte che «ha determinato più della scuola» il suo «immaginario», la sua cultura, i suoi gusti. Un film è inteso, dunque, come una via di «fuga», ma anche come sogno che «si materializzava in una sala». Armani ha vestito e veste star internazionali; con i suoi meravigliosi outfit ha condizionato la moda e il cinema, creando un nuovo modo di intendere e concepire l’eleganza che segue un’idea di seduzione non più basata su canoni eccessivi ma calibrati, ben dosati. Nel 1980, con gli abiti di Giorgio Armani sul set di American Gigolò, Richard Gere (foto in basso, ndr) divenne icona di una mascolinità più accessibile, in cui la forza non si trasformava in arroganza bensì in sicurezza.

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Nello stesso periodo la donna di Armani si faceva notare senza esibizionismi con vestiti che evidenziavano il fisico e innanzitutto il pensiero. La femminilità di Armani era inedita, perché lo stilista da vero rivoluzionario liberava le donne (anche gli uomini) dalla rigidità, dal conformismo imperante, per suggerire nuovi atteggiamenti e per trasformare lo stile in un modo di essere. Questo e molto altro si legge nel meraviglioso libro, dove traspare tutta la filosofia dell’artista. Sì, avete letto bene: ARTISTA. Perché Giorgio Armani è essenzialmente un creativo, anche se avrebbe fatto tranquillamente la vita da nomade, come egli stesso dichiara. «Disegnare – scrive – è un godimento, un vero orgasmo, adrenalina nel lavoro». La passione per la moda è arrivata relativamente tardi, dopo il servizio militare, quando era un semplice vetrinista alla Rinascente, dove il suo capo gli disse che sarebbe sempre stato un secondo, ma poi qualcosa accadde. Destino? Forza di volontà? Passione? L’incontro con Nino Cerruti e in seguito il sodalizio con Sergio Galeotti (suo amico, confidente, socio, amante, morto dieci anni dopo la nascita del marchio) fecero emergere talento e motivazione. I primi passi non furono semplici, eppure fu proprio la semplicità ad aprirgli la strada del successo, insieme a quel perfezionismo quasi ossessivo e all’innata capacità di creare un dialogo tra il corpo e l’abito per mettere al centro sempre e solo la PERSONA.

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Nell’autobiografia Giorgio Armani accenna al rapporto con la madre, con il padre, che avrebbe voluto conoscere di più, con la sorella, Rossana, con il fratello, con i nipoti (suoi eredi?). Avvincenti anche le brevi note sui viaggi, sulla comunicazione – che, dice, se è audace può rompere gli schemi – sulla passione per l’architettura e sulla nascita di Emporio Armani. Questo libro ci consente di compiere uno straordinario e inedito percorso attraverso immagini di ieri e di oggi, intervallate da brevi paragrafi, in cui l’Io narrante non segue un ordine cronologico. La pubblicazione – che è raffinata nella grafica e nella scrittura, proprio come le storiche giacche destrutturate – è uscita in libreria in occasione dei quarant’anni di carriera dello stilista, che innova costantemente senza scandalizzare, con quel mix di eccentricità e sobrietà che ha fatto Storia.

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