I ricordi del cuore

Questo racconto è dedicato ai malati d’Alzheimer e alle loro famiglie

 

i-ricordi-del-cuore

 

Silviana alzò lo sguardo: tanti puntini luminosi e lontani rendevano quella notte buia quasi irreale. Provò un misto di nostalgia e tristezza che la fece sentire vulnerabile, debole e insicura. Respirò a pieni polmoni e accolse dentro di sé quello stato d’animo. In quel preciso istante vide la Luna splendere nel cielo e fu allora che ripensò a suo padre, ai momenti di angoscia e al dolore acuto provato quando lui agonizzante pronunciava il suo nome, dopo un tempo infinito, in cui le parole morivano sul nascere, i pensieri si facevano confusi e lo sguardo sempre più assente. Un male oscuro gli aveva strappato i ricordi, annebbiando la sua mente e facendolo diventare come un bambino. I lineamenti dell’anziano padre oscillavano tra il duro e il fanciullesco. «Papà, a cosa stai pensando?», gli chiedeva quando andava a trovarlo. Lui alzava gli occhi al cielo e improvvisamente abbozzava un mezzo sorriso per poi ricadere in quel mondo inaccessibile forse fatto d’immagini oniriche spesso spaventose. «Papà, sai che ti voglio bene. Tu sei il mio eroe», gli diceva. Lui la guardava e non capiva. «Dove sei, papà! Torna solo per un attimo da me», lo implorava. Dall’altra parte un muro invalicabile di silenzi. Suo padre era stato un uomo di altri tempi che univa a una grande dedizione per il lavoro un pizzico di sana ingenuità e tanta impulsività tipiche di alcuni uomini del Sud. Quando lei si era trasferita a Roma, dove tuttora viveva, lui non aveva fatto troppe storie. «Se è quello che vuoi, vai con Dio», le aveva detto una sera d’estate durante la cena. Lei si era alzata, lo aveva abbracciato e si era sentita per qualche secondo proprio come quando da bambina insieme andavano alle festicciole di paese, mentre la mamma accudiva il fratellino. Era in quei momenti che si sentiva unica, speciale, allegra, invincibile. Ogni paura con lui spariva, perché il papà era il suo idolo, e quella sera d’estate aveva capito quanto veramente le volesse bene, a prescindere dalle tante incomprensioni. Femminista convinta, Silvana aveva lottato per i suoi diritti. Voleva studiare, emanciparsi e fare carriera a qualsiasi costo; e ci era riuscita con le sue forze, senza mai scendere a compromessi, nonostante gli ammiccamenti del capo latin lover. Carlo era uomo sulla cinquantina che, dopo alcune battute infelici, aveva cominciato ad apprezzarla per le sue doti intellettive più che per le sue belle gambe affusolate. Diventata responsabile marketing di una grande azienda, Silvana aveva ottenuto tutto ciò che una donna può desiderare: una casa bellissima, abiti, scarpe, auto, un marito adorabile e una bambina dagli occhi di ghiaccio. Eppure a volte si sentiva vuota e infelice. Un sabato di gennaio, in preda a un ennesimo attacco di panico, aveva deciso di ritornare al paesino natio, dove ancora vivevano i genitori. Doveva ritrovare se stessa forse ricostruendo i ricordi. Suo padre si era ammalato di Alzheimer qualche anno prima. Era stato un mese lungo e difficile ma rigenerante perché, riguardando le fotografie che lei stessa aveva scattato e rileggendo i diari, aveva compreso ciò che la sua anima da mesi voleva dirle. Lei si era rifugiata nella logica perché pensava che i problemi si risolvessero solo con l’ordine mentale e il raziocinio. E invece proprio nel disordine, nel caos e nella mente disorientata di suo padre Silvana aveva rivisto semplicità, creatività e bellezza dopo anni di agende programmatiche e piani di rilancio di prodotti costosi. Nel silenzio di suo padre invece lei si riappropriava dell’energia vitale che circonda ogni cosa e si accorgeva che il dolore provato per la malattia dell’anziano genitore la stava guarendo dagli attacchi di panico. Accogliendo la sofferenza, Silvana aveva anche imparato ad amare se stessa e le sue presunte imperfezioni. Una notte, prima di ripartire, aveva rivisto nei sogni il sorriso del padre morto una settimana prima; così il mattino seguente non aveva avuto più dubbi. Aveva inviato un’email con le sue fotografie alla De Francesco Srl, un’agenzia fotografica tra le più accreditate del Paese. Dopo alcuni mesi Silvana era in Australia per realizzare un servizio sugli aborigeni. E proprio dove la terra finisce, guardando la Luna nel cielo australiano, ripensò a suo padre e al dono inaspettato che le aveva fatto in quell’ultimo mese di vita.

Giulia Caso

 

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto