L’Africa che ispira i film: la storia di Kuki Gallmann

sognando l'africa“Io conosco il canto dell’Africa, ma l’Africa conosce il mio canto”, sussurrava Karen de “La mia Africa”, interpretata da una straordinaria e giovane Meryl Streep. Il canto dell’Africa – si dice – si sente soprattutto di notte, quando la Natura bisbiglia, spesso arcigna e crudele, ma anche madre accogliente e sapiente. Gli spiriti compaiono al calar delle tenebre, in tutta la loro ferocia, come si vede nel film “Spiriti delle tenebre” con Val Kilmer e Michael Douglas, che si ispira a una storia realmente accaduta descritta nel romanzo di John Henry Patterson. L’Africa con i suoi paesaggi sconfinati, i suoi colori accessi e le sue culture millenarie ha da sempre affascinato registi che hanno portato sul grande schermo pellicole tratte da noti capolavori letterari, come per esempio “Il settimo papiro” di Wilbur Smith. Generi diversi e così coinvolgenti, accattivanti. Proprio in questi giorni è in programmazione su Sky Cinema Passion un film che ancora una volta ha tratto spunto da una vicenda dolorosa, eppure così catartica perché realmente accaduta. “Sognando l’Africa”, diretto da Hugh Hudson, con Kim Basinger nel ruolo della protagonista Kuki Gallmann, scrittrice italiana che negli anni Settanta lascia Venezia, dove risiede la madre, una nota storica dell’arte, per trasferirsi in Kenya con il secondo marito, Paolo, e il figlio di prime nozze, Emanuele. sognando l'AfricaIl Paese africano la conquista del tutto, ma due lutti sconvolgono la sua vita. Nel giro di poco tempo perde sia il marito, sia il figlio; quest’ultimo, che aveva la passione dei serpenti, viene ucciso da un morso di vipera. La storia è raccontata nel film che, anche se non è emozionale quanto “La mia Africa”, riesce comunque a coinvolgere, soprattutto nella scena finale, quando si intuisce il motivo delle scelte di Kuki. Le immagini del cielo, delle montagne, dei deserti e del mare africano smorzano il fiato, perché quegli spazi sembrano infiniti… così grandi per noi umani che invece siamo così finiti, piccoli e a volte ci sentiamo anche troppo insignificanti, se non riusciamo a scoprire qual è il nostro posto nel mondo. Kuki invece ci prova con coraggio ed esce dalla sua area di confort: si prende cura con il marito Paolo di una tenuta, che si trova su 100mila acri di terreno. Un’area che Paolo e Kuki decidono di proteggere soprattutto dai bracconieri, i quali uccidono gli elefanti per il commercio dell’avorio. In memoria del marito e del figlio, la scrittrice oltre a pubblicare una serie di titoli, tra cui anche “Sognavo l’Africa” che ha ispirato la versione cinematografica, si dedica ancor di più alla salvaguardia dell’area protetta attraverso la fondazione Gallmann Memorial Foundation. E ancora oggi con la figlia Sveva, avuta poco dopo la morte di Paolo, Kuki continua la sua missione, senza e senza ma, mettendo anche a rischio la propria vita. Nella pellicola di Hugh Hudson questa parte della storia è affidata ai titoli finali, e forse qui sta  il più grande limite di questo film, cioè il non aver saputo cogliere il significato profondo di questa storia; lo spirito di Paolo ed Emanuele, per Kuki, vive negli alberi e nella natura selvaggia africana che la scrittrice di origini italiane tenta di proteggere disperatamente.

Maria Ianniciello

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