MIRACOLI A MILANO, 150 ANNI DI POLITECNICO

Un momento della conferenza stampa

Presentato questa mattina con una conferenza stampa il progetto che vede uniti il Piccolo Milano e il Politecnico, in occasione dei 150 anni dell’Ateneo. Si tratta di sei spettacoli, tutti focalizzati sul tema della ricerca. Si comincia con “Miracoli a Milano – 150 anni di Politecnico” di e con Laura Curino che andrà in scena il 5 dicembre a La.S.T. Laboratorio per la sicurezza dei trasporti, dove si effettuano i Crash Test, per essere poi ripreso al Piccolo Teatro Studio nell’autunno 2013. Ma che cosa c’è in comune tra Politecnico e Piccolo? Per Sergio Escobar, «ci sono una passione sfrenata per la curiosità e la convinzione che il viaggio che parte da una domanda ha come arrivo una domanda». E questo concetto vale per ogni vera «ricerca scientifica, teatrale, umana». Ma c’è anche un’altra convinzione, cioè che il valore, anche economico, stia solo nell’altamente improbabile. «Tutto ciò che è certo, acquisito, non produce valore e valori. E se il Politecnico e il Piccolo si sono incontrati su questo tema con Infinities dieci anni fa, non si sono mai lasciati su questa strada. Questo ha portato naturalmente allo spettacolo Miracoli a Milano e ai sei incontri con al centro questa passione per la ricerca», afferma Escobar. Si dichiara invece il Rettore Giovanni Azzone, felice e curioso di dare l’avvio ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Ateneo con lo spettacolo di una grande e appassionata interprete come Laura Curino», e aggiunge: «Sono convinto che saprà dare una lettura sorprendente e originale della storia dei nostri architetti, designer e ingegneri, raccontando i miracoli di innovazione e creatività compiuti in questi anni in tutto il mondo. In questi 150 anni il Politecnico di Milano ha lavorato con passione per formare tanti giovani, spostando sempre più avanti il traguardo delle proprie ricerche».

LA NOTA DI LAURA CURINO

Politecnico, Milano. 150 anni, migliaia di vite, decine di migliaia di opere, tutto apparentemente nello spazio di 400.000 metri quadri, tra attuali e previsti. Due cifre di spazio e tempo per definire una complessità di pensiero, progetti e realizzazioni che fin dagli albori esce dai confini della città di Milano per proiettarsi nel mondo. Come raccontarli? Intanto come un’interprete, cioè qualcuno che deve imparare una lingua che non è sua, per poterne tradurre qualche riga. Nel mio caso sulla scena. Ma siccome non ci sarà mai il tempo di studiarla sui banchi (non basta una vita), si parte per un viaggio, come hanno fatto i pionieri. Ci si immerge totalmente nella materia. Come quando un bambino si inoltra nella totale novità dell’essere e sente il volo nelle braccia che lo sollevano, il mare in quelle che lo cullano, la foresta nello spazio di un giardino, il dolore nell’indecenza di uno spigolo, il male nella crudeltà di una separazione, la perdita del mondo nella lastra di uno specchio. Come quando l’aereo decolla e tutto diventa più ampio e più piccolo insieme. Cerchi di orientarti cercando segni: una torre, una montagna, un fiume, la sagoma di un’isola e poi mano a mano che ti alzi è solo cielo che dopo un po’ smetti di guardare, perché le immagini dei pensieri diventano più forti delle nuvole. Come quando, sott’acqua, una nuova corrente ti porta dove non sei mai stato e vedi creature che erano lì da sempre, e da anni ne sentivi parlare, e quasi le sentivi ostili, visto che non le incontravi mai, ma adesso che ti sfiorano ti fanno solo battere il cuore di meraviglia. Come quando fai chilometri e chilometri nella pazzia di voler vedere da vicino un quadro che conosci a memoria per via delle tante riproduzioni, e un attimo prima di entrare nella sala ti chiedi se sia valsa la pena, tanta è la stanchezza, il disagio di fendere la folla, il rumore di quella scolaresca eccitata… e poi te ne stai lì, come in una bolla di stupore. Vedi lì, piccolissimo quello che avevi creduto grande, oppure potente quel che riprodotto pareva solo brillante, misterioso e sfuggente quello che la stampa laccata inchiodava alla pagina. Un miracolo, si dice ogni volta che lo stupore travolge. Con lo stesso sentimento di meraviglia siamo entrati al Politecnico di Milano, travolti dalla vastità della materia. Ci siamo ora alzati in volo, ora affidati alla corrente. Abbiamo cercato punti di riferimento riconoscibili e riconosciuti, ma cercando di mantenere uno sguardo bambino, pieno di curiosità e di energia. Abbiamo cercato il rapporto con maestri e allievi, nella scienza, come sulla scena. Vi racconteremo storie di miracoli, santi e profani, per avvicinare qualcosa di ancora più misterioso della conoscenza, il miracolo della trasmissione della conoscenza, dell’educazione: quell’atto indispensabile e delicatissimo che può portarti non solo a trovare il mondo, ma soprattutto a non perderlo.

 

Laura Curino

 

 

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