Laggiù qualcuno mi ama. Martone racconta Troisi

Quando esco dalla sala cinematografica, dopo aver visto Laggiù qualcuno mi ama, il documentario di Mario Martone, guardo il cielo. E’ già sera inoltrata in questa mite giornata di febbraio. Vedo una stella, molto luminosa e ripenso a Massimo Troisi, a quanto ho appreso nel docu-film.

Recensione di Laggiù qualcuno mi ama

Laggiù qualcuno mi ama è una critica cinematografica non pretenziosa ma esaustiva al grande Cinema di Troisi. Da chi si è fatto ispirare (forse anche inconsapevolmente Troisi)? E qual l’eredità che ha lasciato? Martone fa da voce narrante per rispondere a queste e ad altre domande con un piglio di nostalgia e molta competenza. La sua macchina da presa è incisiva, equilibrata e precisa nel descrivere una vita, quella di Troisi, vissuta non solo per far divertire ma anche per raccontare la propria visione dell’amore, della vita, del mondo.

Massimo Troisi e le donne

Mario Martone spiega che il comico, attore e regista napoletano ha portato sul grande e sul piccolo schermo il proprio alter ego, una parte essenziale di sé. Esistono, si dice nel documentario parafrasando Carl Gustav Jung, registi animus e regista anima. “Massimo era un regista anima”; è stato il primo a dare alle donne una dimensione diversa e più autentica, portando in sala un’immagine femminile di indipendenza e di grande fascinazione. Questo anche perché Troisi scriveva le sue sceneggiature con Anna Pavignano, sua partner anche nella vita privata per un periodo di tempo. Martone intervista la sceneggiatrice che ci conduce – attraverso alcuni scritti che Massimo le ha lasciato – in una dimensione fatta di tenerezza, semplicità, intelligenza.

I film e la Nouvelle Vogue

In Laggiù qualcuno mi ama le testimonianze si alternano. Oltre a Pavignano, intervengono tra gli altri anche Francesco Piccolo e Paolo Sorrentino in un viaggio che si fa molto interessante e ricco di spunti. Non mancano gli spezzoni di film, come Ricomincio da tre (1981) Scusate il ritardo (1983), Non ci resta che piangere (1984), Le vie del signore sono finite (1987), Splendor (1989) di Ettore Scola (dove recita con Marcello Mastroianni), Pensavo fosse amore e invece era un calesse (1991) e infine Il Postino (1994). Si vedono anche diversi sketch del trio La smorfia e si ricorda la querelle che Troisi ebbe con la Rai per gli eccessivi vincoli messi ai suoi interventi durante il Festival di Sanremo del 1981, al quale il comico decise infine di non partecipare.

La realtà è che, come si evince nel docu-film, Troisi era impegnato politicamente, anche se la sua timidezza lo faceva rimanere un po’ nelle retrovie. Ad ogni modo una delle cose più interessanti che è emersa in Laggiù qualcuno mi ama è la presenza di alcuni elementi del cinema di François Roland Truffaut nei lungometraggi di Massimo Troisi che, a giudizio di Mario Martone, è un degno successore della Nouvelle Vogue,  movimento cinematografico francese nato alla fine degli anni Cinquanta, i cui esponenti raccontavano la realtà senza artifici.

L’amore tra presenza e assenza

Dal documentario trapela che Troisi con la sua comicità e il suo modo geniale di fare Cinema ha innovato, interrogandosi sull’amore attraverso la presenza/assenza data anche dalla sensazione di avere sempre accanto la morte, in un confronto diretto che vediamo anche nel finto reportage ‘Morto Troisi, viva Troisi!’ con Lello Arena ed Anna Pavignano (lo trovate su Rai Play).

Troisi morì ad Ostia il 4 giugno 1994, a causa di una malformazione cardiaca che lo aveva fatto andare in America già molto giovane negli anni Settanta per un delicato intervento. Le sue condizioni si riaggravarono nel 1994, proprio prima delle riprese de Il postino. I medici gli avevano detto che senza il trapianto di cuore avrebbe avuto vita breve.

Decise di girare la pellicola col suo cuore (testuali parole) e poi di operarsi. Sarebbe dovuto partire per gli USA la domenica successiva alla fine delle riprese ma morì qualche giorno prima a soli 41 anni. Era nato il 19 febbraio 1953 a San Giorgio a Cremano, dove – ci fa vedere Martone – si può compiere un viaggio metaforico nel mondo di Massimo, tra passato e presente, tra miseria e nobiltà. Oggi Troisi avrebbe avuto 70 anni.

Il cinema e le immagini

La stella che vedo brillare in cielo è luminosa proprio come la carriera e la vita di Troisi. Ogni stella ha un suo ciclo vitale, come ogni cosa nell’Universo. E, ripensando a Laggiù qualcuno mi ama, penso anche alla morte e a come, nel tentativo di eliminarla dalla quotidianità, rischiamo di perdere i riti e con essi anche il mondo immaginale. Il cinema si nutre di immagini e di metafore. Amiamolo, così come lo ha amato Troisi. E non perderemo noi stessi. Maria Ianniciello

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