EMOZIONI DI UN “VIAGGIATORE ERRANTE”

Riceviamo e pubblichiamo il racconto “Pioveva a Soria” di Lorenzo Spurio.

 

 

Pioveva a Soria

di Lorenzo Spurio

 

“¡Oh, sí! Conmigo vais, campos de Soria,

tardes tranquilas, montes de violeta,

alamedas del río, verde sueño

del suelo gris y de la parda tierra,

agria melancolía

de la ciudad decrépita.

Me habéis llegado al alma,

¿o acaso estabais en el fondo de ella?”

(Antonio Machado, “Campos de Soria”)

 

“Batte la pioggia il grigio borgo, lava

la faccia delle case senza posa,

schiuma a piè delle gronde come bava

(Marino Moretti,  “A Cesena”)”

 

®Lorenzo Spurio
Casa museo dei poeti soriani

L’avevo trovata diversa da come me l’ero immaginata. Le poesie dove veniva decantata parlavano di un borgo semplice, immerso nelle campagne bruciate dal sole. Davanti ai miei occhi, invece, era scorsa l’immagine di un centro storico abbastanza sviluppato che si estendeva a partire dal Collado e, una volta usciti dalla zona centrale, poco al di là dell’Alameda de Cervantes, c’erano una serie di palazzotti di numerosi piani di recente costruzione. Recente per modo di dire, costruiti però non prima degli anni Sessanta. Al piano terra c’era qualche fioraio e vari mq di negozi cinesi vendi-tutto. Dopo di quella zona iniziavano i campi sterminati, in parte frammisti a zone rocciose di una pietra rossiccia che si sfaldava facilmente e che avevo visto arrivando in autobus. Era un paesaggio un po’ monotono e che si ripeteva identico quasi all’infinito, senza annoiare. Un binario arrugginito e fuori utilizzo percorreva parallelamente la strada principale, ricoperto ormai da varie piante spontanee.

Pioveva a Soria. Una pioggia continua e senza tregua. Fitta e martellante, fastidiosa, con la monotonia del suo verso. La gente, nessun turista tranne me, non si scoraggiava perché da quelle parti l’autunno inclemente, in fondo era accolto senza troppo dispiacere. Per la strada, donne truccate e caricature di se stesse che si coprivano con un ombrello di plastica trasparente fatto a cupola e che tanto mi faceva pensare a un curioso accessorio di un proibito sex toy, anziani con carrelli della spesa che con impermeabili e cappelli di plastica evitavano l’ombrella e camminavano con tranquillità per la via. E il sole di Soria? I raggi accecanti di quella terra secca, dei campos declamati dal grande soriano? Non ce n’era traccia. Per forza, era Ottobre inoltrato! Mi ero illuso di trovare il sole e l’atmosfera castiza lì, a Soria, nel pieno autunno del 2012. Ma il tempo era trascorso e i versi del grande Machado, pur immortali nel mondo della letteratura, erano stati ormai sorpassati. La Soria di oggi celebra abbondantemente il poeta con statue, targhe con i suoi versi e il recentissimo museo dei poeti di Soria dove, a fianco di una zona dedicata a lui, sono stati ricavati ambienti per omaggiare Bécquer, il grande romantico, e Gerardo Diego, che pure vissero lì per un periodo. Ma Soria rimane Machado, come Recanati rimane Leopardi, è ovvio.

A Recanati sono stato svariate volte, non solo perché si trovava molto vicino da casa, ma anche perché in tempi ormai lontani l’educazione scolastica prevedeva delle gite, definite tecnicamente “visite d’istruzione”, da fare in corso e propedeutiche allo studio del programma. La biblioteca del conte Monaldo, la siepe che cela lo sguardo, la finestra del poeta dalla quale vedeva Silvia e la celebrativa piazzetta del Sabato del Villaggio, sono state, dunque, delle tappe fondamentali durante il percorso scolastico. Quasi che girando per quei luoghi “consacrati” nella letteratura, immortali e celeberrimi nel mondo, si potesse incontrare davvero il gobbo. Ovviamente nessuno pensava a qualcosa del genere, ma intuitivamente il percorso che veniva proposto aveva proprio questa intenzione: quella di immergersi in uno scenario letterario (e quindi fittizio), più che storico. Come passeggiare in una fiaba o rievocare un qualcuno che, pur morto e sepolto, rimane in quel luogo ancora vivo tanto da rappresentare il luogo stesso. Divagazioni, queste. Considerazioni banali, forse.

®Lorenzo Spurio
Soria – Il Passaggio del fiume Duero

La Soria di Machado conserva la stessa ambientazione e, seppur nel centro della città dominano ormai le vetrine, si respira allo stesso tempo un’ambientazione sospesa, quasi irreale, con la quasi completa convinzione che prendendo per Calle del Estudio, possiamo incontrare Machado a passeggio con Leonor. Stiamo sognando, ovviamente. Ma uno dei compiti della letteratura è proprio questo: alleviare le preoccupazioni e permettere all’uomo di ragionare e riflettere, ma anche di svagarsi in maniera soave. Per conservare il clima autentico di questo spazio l’Ayuntamiento, cioè il Comune, ha avuto la bella idea di istallare varie statue in giro per la città, come quella di metallo di una bassissima Leonor in Plaza Mayor che appoggia una mano su una sedia vuota, invitando il visitatore a sedersi, fotografarsi, sentirsi un po’ Machado e fare un balzo indietro nel tempo. Lo stesso con la statua di Gerardo Diego seduto a prendere un caffè, con tanto di tavolino a piana rotonda, dinanzi al Casino Circulo Amistad Numancia, un raffinato caffè letterario dove si incontrò con Machado, oltre a suonare il pianoforte, ora trasportato nel museo recentemente allestito ai tre grandi soriani. Ma la storia di Gerardo Diego, più recente, e il suo attaccamento principalmente alla “nordica” Santander fa di questo personaggio un poeta meno legato a questa terra, della quale scrisse e dedicò comunque vari componimenti.

®Lorenzo Spurio
Soria – Tomba di Leonor, moglie di Machado

A Soria si conserva il mito di Machado e Leonor, una storia d’amore troppo veloce a causa della morte di lei e dell’abbandono del poeta per altre terre: Andalusia prima, Francia poi. Ed è forse l’olmo secco vicinissimo al cimitero nel quale riposano le spoglie di Leonor e a cui Machado dedicò una famosa poesia, ancor più dell’Istituto Antonio Machado nato per l’investigazione culturale sulla sua produzione, ad essere assunto come il locus principale di quella Soria campestre, fatta di ampi ed assolati campi, dal maestoso Duero che scorre quasi silenzioso con la volontà di tributare il ricordo a chi ha reso grande quella terra.

Città come queste infondono pace e arricchiscono dentro, dando prova sulla propria pelle della grande acutezza e profondità d’animo di predecessori, divenuti illustri, che l’hanno vissuta e conosciuta in tempi ormai lontani. Le varie placche con i versi di Machado in giro per la città aiutano il visitatore attento ed interessato alla sua arte a immergersi in questo clima autentico e popolare che resta puro e immutato, sebbene ristoranti, vetrine e ogni altro tratto della contemporaneità, abbiano ormai inevitabilmente “colonizzato” l’ambiente.

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