Sento spesso dire “devi essere più sicuro” oppure “voglio essere più sicuro”, che si pronuncia, credo, per abitudine, perché sentiamo altri esprimersi in questo modo oppure, da bambini, lo abbiamo sentito dire dai nostri genitori.
Come spesso accade, difficilmente si riflette sulle cose: tendiamo a seguire il comportamento della massa e prendiamo per buoni comportamenti o modi di dire senza sapere se fanno al caso nostro o meno.
Ma cosa significa essere sicuri? Sicuri verso cosa, poi?
La sicurezza è collegata con il controllo. Quest’ultimo è qualcosa che nessuno realmente possiede, conseguentemente la sicurezza che si basa sul controllo non esiste. Possiamo essere preparati nel nostro mestiere, ma nonostante ciò l’errore è possibile. Per questo dire che dobbiamo essere sicuri è un’affermazione superficiale.
Sicurezza sul lavoro e illusione del rischio zero
Di sicurezza si parla molto anche sul lavoro. Quante volte abbiamo sentito il termine “sicurezza sul lavoro”, anche qui è usato in maniera impropria. Far credere che, nonostante l’uso necessario di strumenti di protezione e prevenzione — in particolare per lavori particolarmente pericolosi — il rischio zero non esiste.
Il pericolo che qualcosa possa andare storto fa parte della vita in generale e non lo si può eliminare. Sarebbe più corretto parlare di tutela sul lavoro e di attenzione verso i lavoratori.
La fragilità della sicurezza
Prendiamo un uomo o una donna affermati nel proprio lavoro, attenti alla propria salute, attraverso una scelta accurata di ciò che mangiano, unita ad un’intensa attività sportiva, presenti con i propri figli e verso il proprio partner, inseriti nella propria comunità.
Questa persona è considerata sicura secondo i canoni della nostra società.
Ma, se alla stessa persona, descritta sopra, dovesse succedere qualcosa che nessuno si aspetta e si augura, ma che non è nel suo controllo – quale può essere la perdita di un figlio per esempio – ci troveremo di fronte non più all’individuo descritto.
Con molta probabilità vedremo una persona confusa, distratta, anche assente e probabilmente arrabbiata. Un individuo che nessuno potrebbe definire sicuro.
Sicurezza e insicurezza: due stati che convivono
Mentre stati d’animo, come la felicità o la tristezza, normalmente possono perdurare per un periodo di tempo — nel senso che possiamo sentirci felici o tristi per alcuni periodi — nel caso della sicurezza e dell’insicurezza non vale la stessa cosa.
Possiamo sentirci nello stesso momento nella condizione di sicurezza, per poi passare a essere insicuri, per esempio.
Posso andare al lavoro, svolgere al meglio i miei compiti, per poi trovarmi fermo sul ciglio della strada con una ruota bucata, perché non so sostituirla. Quasi nello stesso momento potrò trovarmi nella doppia condizione.
Imparare un atteggiamento costruttivo
Possiamo imparare ad avere un atteggiamento costruttivo di fronte a qualcosa per noi sconosciuto o quando ci troviamo in un contesto nuovo.
Possiamo modificare le nostre reazioni di fronte alle varie situazioni che la vita ci mette di fronte: per esempio mantenere la calma, sviluppare l’empatia, capire come codificare le nostre emozioni, saperle ascoltare, farci guidare da esse.
Possiamo cercare di essere più propositivi verso una situazione, impegnarci nell’apprendere una nuova cosa, studiare di più, essere più presenti.
Queste sono tutte cose a cui possiamo ambire, che hanno realmente senso, perché ci aiuterebbero ad accogliere gli eventi in maniera diversa e probabilmente a porci dei limiti.
Accettare la vita e i suoi limiti
Viviamo in una società che vuole allontanare la paura della morte, quando è proprio questa a dare importanza alla vita. La consapevolezza che da un momento all’altro possiamo non esserci consentirebbe di dare il giusto valore ad essa. Ci affanniamo per raggiungere il successo, non tenendo conto che il semplice risveglio la mattina è un miracolo.
La lezione della filosofia stoica
La Filosofia Stoica ci viene in soccorso. Già oltre duemila anni fa, i romani e i greci sapevano quanto fosse inutile ricercare la sicurezza. La dicotomia del controllo era ed è un metodo per raggiungere la resilienza. Indica la necessità di distinguere le cose sotto il proprio controllo e quelle fuori dal nostro controllo, insegnando a focalizzare l’attenzione sul proprio atteggiamento e sui propri pensieri, lasciando andare le preoccupazioni verso i fatti e gli eventi esterni.
Amor fati, amare il proprio destino, non significa essere rassegnati, ma avere un’accettazione attiva della vita, abbracciando gli eventi come parte del proprio percorso.
Vedere gli ostacoli non come impedimenti, ma come parte essenziale del proprio cammino.
Infine, il memento mori — “ricorda che morirai” — non vuole intendersi come qualcosa di macabro, ma al contrario come un invito ad apprezzare il presente e non sprecare il tempo. La morte dà valore alla vita e ci consente di dare la giusta importanza alle cose. Carmine Caso




