Referendum costituzionale: la sconfitta di Matteo Renzi

Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: l’Italia dice No alla riforma Renzi-Boschi. A nulla sono servire le massicce campagne d’informazione del Governo e le rassicurazioni di chi credeva che «una vittoria del potesse cambiare le sorti del Paese abbattendo in particolare i costi della politica». I numeri parlano chiaro: la percentuale dei contrari è del 59,1 per cento, mentre i favorevoli sono stati il 40,8 per cento degli elettori. Molto alta l’affluenza alle urne che si attesta intorno al 65,4 per cento. Per gli addetti ai lavori, si tratta di una cocente sconfitta non solo per il premier, Matteo Renzi, e per il suo esecutivo ma anche per tutto il Partito Democratico che in questa tornata elettorale si è mostrato scisso e intriso di contraddizioni. Il partito è nato il 14 ottobre 2007 dall’unione de La Margherita con i Democratici di Sinistra, realizzando il tanto agognato compresso storico, cioè unendo gli esponenti di sinistra della vecchia Democrazia Cristiana con una parte dell’ex Partito Comunista Italiano. Da allora molte dinamiche sono cambiate e tante personalità hanno abbandonato il PD preferendo altre fazioni.

[youtube_sc url=”https://www.youtube.com/watch?v=k9dNw94QvhM”]

Il PD si è, dunque, presentato al referendum costituzionale del 4 dicembre diviso. I suoi massimi esponenti, come per esempio Massimo D’Alema, hanno più volte mostrato la loro contrarietà a una riforma definita «indifendibile». «Dobbiamo ricostruire il Pd che non è il partito di Renzi», ha commentato a caldo D’Alema. E, mentre Matteo Renzi annuncia le dimissioni, mostrando una lieve commozione e ringraziando la moglie Agnese per essergli stata accanto «in questi mille e intensi giorni», il fronte del No esulta perché «gli italiani hanno scelto di ‘proteggere’ la Costituzione».

Adesso la parola va al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. I papabili per la nascita di un nuovo Governo del PD sono diversi, da Pier Carlo Padoan a Piero Grasso, da Graziano Delrio a Romano Prodi. La vittoria del No, com’era prevedibile, ha aperto una crisi di Governo, perché la maggioranza degli elettori ha bocciato l’esecutivo; di conseguenza il premier ha deciso di presentare le dimissioni, così come aveva già detto nel corso della campagna referendaria. Staremo a vedere!

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto