ITALIANI TECNOLOGICI MA LE CITTÀ NON INNOVANO

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Gli italiani sono più tecnologici e avanzati delle città in cui vivono. Lo rivela il Rapporto Municipium 2012 realizzato dal Censis e dalla Rur (l’associazione promossa dal Censis per valorizzare le città italiane), secondo cui i cittadini sono attenti al risparmio energetico e alla raccolta differenziata. In città l’evidenza più forte della crisi è la chiusura di molti negozi. È l’opinione del 70,6 per cento dei residenti. Ma più della metà (il 51 per cento) segnala anche la diminuzione dei servizi locali (percentuale che al Sud aumenta al 61 per cento).

Il Rapporto fornisce, in particolare, una fotografia dei comportamenti dei cittadini che vivono nei centri urbani (i comuni con più di 10.000 abitanti) e mostra come grazie alle tecnologie stanno cambiando radicalmente gli stili di vita urbani. Il 66,2 per cento delle abitazioni in città è in rete grazie all’Adsl, nel 44,4 per cento c’è il Wifi domestico, nel Nord l’8,7 per cento delle case è connesso alla rete in fibra ottica, mentre al Sud questa percentuale scende all’1,4 per cento. Il 24,8 per cento degli italiani urbani controlla online il conto bancario, il 37,9 per cento lo fa presso lo sportello bancario e il 9,8 per cento per mezzo del bancomat. E sono sempre meno gli italiani che si recano alle poste per operazioni elementari che si possono sbrigare anche a distanza, come il pagamento delle bollette per le utenze domestiche (gas, luce, acqua). Ormai il 48 per cento degli italiani che vivono in città ha effettuato la domiciliazione bancaria ma sono costretti a recarsi negli uffici postali per ritirare le raccomandate o i pacchi. Ma nei comportamenti quotidiani dei cittadini, alle prese con la fatica del vivere nelle realtà urbane, grazie anche alle tecnologie e a una maggiore consapevolezza, si registrano sempre più nuove modalità per semplificare i processi, abbattere gli impatti sull’ambiente, ridurre gli sprechi. I comportamenti sociali appaiono più avanzati dell’organizzazione urbana.

Cresce la dimestichezza degli italiani con la raccolta differenziata dei rifiuti. Più di due terzi degli italiani che vivono in città (il 67,5 per cento) afferma di aver ricevuto adeguate informazioni e di essere a conoscenza delle regole di base, il 20% non ha ancora le idee chiare al riguardo, il 12,5 per cento si dichiara del tutto disinformato. Ma nelle città del Sud ben il 30 per cento dei residenti afferma che non esiste un sistema di raccolta differenziata nel proprio quartiere.

Tra i cittadini che dichiarano di avere intenzione di acquistare un’abitazione nel 2013, un terzo (il 32,7 per cento) ricerca un alloggio ad elevate prestazioni energetiche (in classe A o B). Per un altro terzo dei potenziali futuri acquirenti (il 33,8 per cento) la ricerca riguarda comunque un’abitazione di media efficienza. Nei centri urbani con una popolazione compresa tra 10.000 e 50.000 abitanti, dove i prezzi degli immobili sono meno condizionati dalla rendita urbana, il tema è centrale.

In una fase di dura crisi come quella che stiamo attraversando, la prospettiva di cambiare aria sembra piuttosto allettante. Ben il 37,8 per cento degli italiani che vivono in città è attratto dalla prospettiva di vivere in un’altra realtà urbana, anche all’estero. Nella fascia d’età 30-44 anni si registra la disponibilità a trasferirsi di ben il 55 per cento dei cittadini e tra i giovani (18-29 anni) si arriva al 69 per cento. Del resto oggi il trasferimento anche temporaneo all’estero non è più solo una prospettiva teorica, ma una realtà diffusa in molti ambiti. Il 12,7 per cento dei cittadini ha un componente della famiglia che negli ultimi tre anni ha vissuto per più di due mesi all’estero.

Aumentano anche i pendolari che in Italia sono 14.195.000, pari al 23,4 per cento della popolazione con più di 14 anni. Il numero delle persone che si recano giornalmente, per motivi di lavoro o di studio, in un comune diverso da quello di residenza è in forte aumento. Nel 2007 erano 13.149.000, pari al 22,2 per cento della popolazione italiana. Si registra quindi un incremento di un milione di pendolari in cinque anni, che rende ancora più critico lo storico ritardo del Paese sul fronte dell’organizzazione della mobilità urbana e regionale in modo razionale ed efficiente.

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