INGROIA: «CONFIDO NELL’ITALIA CHE CREDE NELLA VERITA`»

Antonio Ingroia e Saverio Lodato

«C’è un clima surriscaldato. Quando ci sono battaglie politiche e campagne stampa attorno a un’appendice secondaria e irrilevante – con tutto il rispetto per il Presidente della Repubblica – non si fa il bene né delle indagini, né della giustizia in generale. Il mio auspicio è che si possa ristabilire un clima sereno». Esordisce con queste parole Antonio Ingroia, Procuratore aggiunto di Palermo, ospite il 5 settembre 2012, a Riccione per la giornata di apertura del Premio Ilaria Alpi in un dibattito su mafia e trattativa insieme al giornalista Saverio Lodato.

«Ci troviamo di fronte ad uno snodo cruciale: le indagini sono state chiuse con le richieste di rinvio a giudizio. A fine ottobre il giudice dell’udienza preliminare valuterà lo spessore delle prove raccolte e fisserà un percorso, che non sarà breve ma accidentato. Il clima troppo acceso non favorisce lo svolgimento del processo», ha dichiarato.

Polemiche che hanno arroventato l’estate politica italiana, con accuse dure nei confronti dei magistrati della Procura di Palermo. Un tema che Ingroia affronta più volte: «Il clima che si respira in questi mesi – sottolinea – è frutto di interessi divergenti sia politici, volti a favorire dissidi e lacerazioni tra le istituzioni per colpire sia la magistratura che il Capo dello Stato, che da interessi ignobili che puntano a rendere più difficile l’accertamento della verità». Quello della verità è un obiettivo difficile da raggiungere, non solo per le indagini e i processi sulla stagione delle stragi di mafia, ma per tutte le vicende che hanno insanguinato l’Italia. A partire proprio dalla vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. «In generale – puntualizza Ingroia – è un dato di fatto che in Italia, sui fatti oscuri della nostra storia, non si riesca ancora a trovare la verità. In alcuni casi abbiamo delle mezze verità, ma queste non sono verità».

Per uscire dal guado occorre «creare i presupposti perché le compagini migliori delle istituzioni facciano la propria parte per l’accertamento della verità. Anche la politica, nella sua generalità, deve impegnare più energia», riflette.

Dal magistrato siciliano arrivano non solo parole amare, ma anche uno spiraglio di speranza sul nostro Paese: «Ho fiducia in quella parte dell’Italia che ci crede, in questi anni l’ho vista crescere di numero, mi auguro che cresca anche di peso». Infine l’addio a Palermo e la partenza per il Centro America: «L’idea del Guatemala è stata presa da tempo. Ho ritardato la richiesta perché volevo chiudere questa fase importante. Molto probabilmente parteciperò alla prima udienza preliminare, poi partirò».

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