IL LAVORO NELLA RETE

Il lavoro è diventato un oggetto sempre più sfuggente. Non solo le scienze sociali, anche la letteratura, il cinema e l’arte hanno perso la capacità di rappresentarlo. Le associazioni sono in affanno, faticano a entrare in relazione con lavoratori dispersi e mobili, non riescono a individuare bisogni collettivi su cui costruire le proprie piattaforme contrattuali, hanno perso quel senso di appartenenza necessario all’esercizio della rappresentanza.

“La rete che lavora. Mestieri e professioni nell’era digitale” (Egea 2012, 160 pagg., 16 euro, 9,99 euro formato e-pub), è il nuovo libro di Ivana Pais, docente di sociologia economica e studiosa di social network, un testo che si occupa non solo diverificare quello che la rete cambia nel lavoro, ma quello che può cambiare nei diversi aspetti della vita sociale di ciascuno.

«Un libro – afferma Tiziano Treu, a cui è affidata la prefazione – che contiene molte provocazioni utili. Un buon antidoto contro la visione corta, purtroppo diffusa non solo fra chi è occupato a difendersi dalle dure contingenze di questa crisi, ma anche fra gli attori sociali e politici che dovrebbero essere lungimiranti per immaginare un futuro oltre la crisi».

I siti di social network sono una piazza, dove incontrarsi e parlare del proprio lavoro, ma anche un auditorium, dove confrontarsi e riflettere, una fiera, dove mettere in mostra i propri prodotti e un mercato, dove scambiare risorse. Il volume raccoglie le esperienze e i racconti del lavoro che cambia, attraverso i social media. Storie di lavoratori che nei social network vedono cadere i confini tra i loro ruoli e cercano nuove modalità per rappresentare la propria identità e costruire una reputazione; storie di persone che navigano le reti per cercare lavoro; storie di dipendenti alla ricerca di informazioni e occasioni di confronto che vadano oltre i confini delle loro aziende; storie di professionisti che nei social media costruiscono nuove comunità professionali.

«Affinché le energie individuali e di creatività espresse nella rete servano a rafforzare non solo la posizione dei singoli in concorrenza fa loro sui mercati globali e locali – commenta Treu – ma anche a stimolare il rinnovamento delle azioni comuni e a promuovere nuovi vincoli di comunità fra persone fondate su principi di collaborazione e di solidarietà».

 

Ivana Pais insegna Sociologia economica nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. Studia i social network e le comunità professionali digitali. Collabora regolarmente con il blog «La nuvola del lavoro» del Corriere.it.

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