Etna, dall’INGV lo studio sulle prossime eruzioni

piccolo cratere Etna
piccolo cratere Etna

Dopo essere diventato patrimonio dell’umanità, l’Etna è al centro di una nuova ricerca. Prevedere in largo anticipo quando ci sarà un’eruzione vulcanica è ancora impossibile, ma dall’Istituto Nazionale di Sismologia e Vulcanologia fanno sapere che si può stimare sia il numero di eventi attesi sia dove essi avverranno, analizzando con metodi statistici l’attività eruttiva storica di un vulcano. L’analisi è stata effettuata per l’Etna dai ricercatori Annalisa Cappello, Giuseppe Bilotta, Marco Neri e Ciro Del Negro (Università di Catania e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV) prendendo in considerazione i dati storici dell’attività eruttiva dell’Etna riguardanti gli ultimi quattro secoli ed esaminando in dettaglio le loro diverse distribuzioni spaziali e temporali.  L’esame è stato presentato nell’articolo scientifico intitolato “Probabilistic modeling of future volcanic eruptions at Mount Etna” recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Journal Geophysical Research – Solid Earth.

La stima delle prossime eruzioni dell’Etna – A entrare nei dettagli dell’indagine statistica è il dirigente di ricerca Ciro Del Negro dell’INGV: «L’analisi statistica effettuata sull’attività eruttiva sommitale dell’Etna ha mostrato un aumento progressivo, sia in frequenza sia in intensità dei fenomeni, negli ultimi 100 anni. In particolare, l’analisi combinata di tutta l’attività sommitale ha permesso di stimare che avverranno tra 7 e 35 eruzioni all’anno per i prossimi 10 anni, con la stima migliore intorno ai 17 eventi eruttivi l’anno». Ma, precisa Del Negro, «questi risultati sono profondamente influenzati dalla recente nascita del Cratere di Sud-Est, che dal 1971 in poi ha marcato un significativo cambiamento nell’attività dell’Etna, concentrata principalmente su questa nuova bocca sommitale». Nel giro di una quarantina d’anni il Cratere di Sud-Est ha, infatti, generato più eventi eruttivi di quanti ne abbiano prodotti, insieme, il Cratere Centrale ed il Cratere di Nord-Est in più d’un secolo. «Considerando individualmente i crateri sommitali, si ottiene per il Cratere di Sud-Est una stima di circa 22 eventi eruttivi l’anno (quasi due al mese) nei prossimi 10 anni, laddove il Cratere Centrale produrrà, forse, un evento ogni due anni ed il Cratere di Nord-Est fra 1 e 2 eventi l’anno», continua il ricercatore affermando inoltre: «Fortunatamente, le eruzioni laterali, che sono le più pericolose per le popolazioni che vivono sui fianchi del vulcano, sono anche significativamente meno frequenti di quelle sommitali. Proiettando i risultati della nostra analisi ai prossimi 10 anni, abbiamo ottenuto una stima che varia da meno di un’eruzione ogni 6 anni a poco più di un’eruzione ogni 4 anni – continua Del Nigro -. La stima più ragionevole è di poco più di un evento eruttivo laterale ogni 5 anni e, quindi, 2 o 3 eventi nei prossimi 10 anni». In termini di distribuzione spaziale delle eruzioni laterali, il fattore maggiormente determinante, afferma il dirigente di ricerca, «è certamente la quota, con la probabilità più alta di eruzioni concentrata sopra i 2500 metri sul livello del mare». Al di sotto di questa quota, «il versante con maggiori probabilità di apertura di nuove bocche eruttive laterali è quello nord-orientale, seguito dal versante meridionale, che corrisponde anche al versante più urbanizzato del vulcano», conclude Del Nigro.

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