Generazioni in mostra, i Franchetti alla Ca’ d’Oro

Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1506, Tempera su tela, cm. 213 x 95 - Collezione G. Franchetti
Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1506, Tempera su tela, cm. 213 x 95 – Collezione G. Franchetti

E’ la maestosità del palazzo Ca’ d’Oro, dei baroni Franchetti a Venezia, a trasformarsi in museo per ospitare fino al 24 novembre la mostra più “sfavillante” di due generazioni di collezionisti a confronto: da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Collezionismi alla Ca’ d’Oro”. Questo, il titolo dell’esposizione dove le opere, o meglio i capolavori, di due straordinari collezionisti, nonno e nipote, vengono per la prima volta riuniti nella dimora, che il primo Franchetti, scelse per custodire i suoi tesori. Un patrimonio, di ineguagliabile bellezza e valore messo poi a disposizione di tutti, affiancate oggi, dalla non meno rara collezione del nipote, Giorgio jr, che ci fa ripercorrere, splendidamente, documentando, il nuovo dell’arte nel secondo dopoguerra italiano. L’esposizione è Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, proposta dalla Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano, Soprintendente Giovanna Damiani, nell’ambito delle iniziative istituzionali del Ministero per i Beni e le Attività culturali, promosse dal Servizio architettura e arte contemporanee della Direzione Generale PaBAAC, in occasione della 55esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2013, in collaborazione con MondoMostre, a cura di Claudia Cremonini e Flavio Fergonzi. L’arte che contiene l’arte. Una struttura monumentale di ineguagliabile bellezza, con una sua lunghissima storia, che fa da contenitore ad altrettante opere d’arte nate in epoche e contesti storici diversi, ma tutte, ed assolutamente tutto, gioiello dell’ingegno e della fantasia umana che non ha limiti, né spazi, perché rincorre, per istinto, la bellezza assoluta. Giorgio Franchetti, nonno, che dà il via ad un’opera mai compiuta, collezionare arte e rendere la sua dimora di famiglia, già espressione sfavillante di fasto e magnificenza nella Venezia rinascimentale di primo Quattrocento, a sito museale a tutti gli effetti. Un edificio Tardogotico con i “porteghi” affacciati sulle logge, il pozzo recuperato nel fantastico cortile, la scala su arcate a sesto acuto, i marmi antichi, il mosaico pavimentale dellʹatrio, la Cappella del Mantegna, cuore sacralizzato della raccolta con al centro la dolente immagine del San Sebastiano, sono la scatola sfavillante e di rara bellezza di un altro prezioso tesoro d’arte: le opere di questi due grandi collezionisti e cultori della genialità e della creatività. Entrambi cercano di fare un “po’ di luce” nella fastosità del Caʹ dʹOro un luogo eletto di bellezza e arte, sintesi della sua stessa vicenda umana, segnata ieri come oggi dal ʺsogno di universalità del belloʺ spinto spesso fino alla ricerca sofferta e sfibrante della perfezione e dell’assoluto. Un sogno rincorso da due generazioni che si completa in questa mostra, quel sogno si completa, nel segno della passione per l’arte che accomunò nonno e nipote. A testimonianza di ciò un’intervista apparsa nel 1984 su Repubblica a Giorgio jr in occasione della riapertura di Ca’ d’Oro, dopo i pluriennali lavori di riallestimento: «(…) Eʹ un sogno che rivive, il sogno della mia famiglia, e anche un esempio che lʹItalia può vantare nel mondo della potenzialità dei privati. Il risultato è affascinante: ci sono dentro tutti i valori che erano cari a mio nonno, e ci sono anche gli oggetti del suo grande sogno dellʹestetica e della bellezza».

Diversissime le loro collezioni di opere d’arte, diversissimo del resto era anche il momento storico e le condizioni in cui vissero e operarono. Il barone Franchetti sr. amava l’arte antica, i maestri minori, le opere rare e non ancora famose. Il nipote, Giorgio jr, l’arte del suo tempo e del suo ambiente, ovvero la Roma degli anni ’50 e ’60 del ‘900, momento di innovazione e nuovi fermenti, da lui colti e persino stimolati. In entrambi emerge sempre il rapporto intimo e intuitivo con l’opera d’arte, profondamente personale, anticonformista e refrattario alle mode imposte dal mercato, che è ciò che lega geneticamente i due protagonisti della mostra. Della competente passione del primo per l’arte antica, soprattutto rinascimentale, è frutto una collezione originalissima di maestri toscani e centro italiani, veneti e fiamminghi, da Giambono a Mantegna, da Tiziano, Tintoretto, Paris Bordon sino a Guardi, ma anche van Eyck e van Dyck, Paul Brill o Joachim Patinier. Il nipote Giorgio Franchetti, deceduto da pochi anni (2006), collezionò Tano Festa, Cy Twombly, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Ceroli, Fabro, Luigi Ontani.

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