A Milano in scena il Mistero doloroso

Mistero doloroso_Ranzi 3Mistero doloroso di Anna Maria Ortese, nella messa in scena di Luca Ronconi, è un racconto di passioni senza futuro, restituito dal sofferto fascino dell’interprete, Galatea Ranzi. Lo spettacolo sarà messo in scena al Piccolo Teatro Studio Expo, dal 9 al 14 aprile 2013, ed è prodotto dal Teatro Stabile di Palermo in collaborazione col Centro Teatrale Santacristina. La storia è ambientata in una misteriosa di una città dai mille volti, in cui amore ed estraneità dal reale sembrano procedere in simbiotica antitesi per vie incantate e drammatiche. Il testo della Ortese, rimasto inedito per anni e pubblicato soltanto dopo la morte della scrittrice, è già un’opera di culto della letteratura italiana. Accostato al Cardillo addolorato, che sembra anticipare nelle atmosfere e nei temi, Mistero doloroso, ambientato nella Napoli del Settecento, “perduta sotto un cielo di una luminosità di pietra preziosa, raccolta in un silenzio incantato”, è il racconto di un amore vissuto attraverso i turbamenti d’animo di una giovane donna, una ragazzina, che nel “diamante doloroso” del volto, di lunare bianchezza, reca le stimmate degli esseri appartenenti a un mondo celeste e inviolabile, che forse vivono sulla terra solo “per scommessa o per scherzo”. Per la piccola Florida De Gourriex, detta Florì, e per il principe Cirillo, o Cirino di Borbone, il “mistero doloroso” s’incarna nell’amore impossibile. Tra la figlia della sarta, orfana di padre e il nipote del re, e forse erede al trono di Spagna, a prima vista scatta un’attrazione magnetica che sorprende loro stessi, e li spinge storditi, stupefatti l’uno verso l’altra, in aperta violazione del principio di casta, che divide come fossero due razze le due famiglie.

«Non è tanto la storia in sé che affascina e coinvolge – spiega Luca Ronconi – quanto lo sguardo della scrittrice sui personaggi. Un continuo cambiamento di voci e di prospettive, quasi un montaggio cinematografico, che può creare nel lettore uno spaesamento iniziale. Mistero doloroso, infatti, già nella scrittura, presenta un’alterità, una rete di significati che rimanda continuamente ad altro. La realtà è solo momentanea, apparente, subito smentita e quasi cancellata e dischiude sempre almeno due possibili letture. Questa alterità (potremmo anche dire ambiguità), suggerita dalla Ortese, ha indirizzato la scelta per la rappresentazione verso un’unica voce, capace di abitare questa molteplicità riempiendola di sfumature ed evitando così un appiattimento dei livelli con più interpreti in scena per una più facile caratterizzazione dei personaggi. In questo senso nello spettacolo non si può parlare di veri e propri personaggi: sono evocazioni, presenze che si materializzano in scena, brandelli di una memoria passata. Nello spettacolo  – conclude il regista – si mette in scena il romanzo, senza ricorrere ad adattamenti, che sarebbero stati riduttivi e costrittori nascondendo al pubblico la forza evocativa e fulminea di questa scrittura».

 

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