TURCHIA, ESTREMA SINISTRA RIVENDICA ATTENTATO

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Antichi rancori, vecchie ferite non rimarginate, nuovi problemi che destabilizzano la sicurezza interna della Turchia, dalla questione cecena a quella siriana. È questo il complesso scenario all’interno del quale è stato compiuto l’attentato di ieri contro l’Ambasciata statunitense di Ankara, dove hanno perso la vita due persone, tra cui il kamikaze che si è fatto esplodere usando sei chilogrammi di Tnt e una bomba a mano.

Se inizialmente si era ipotizzata la pista islamica, e quindi un collegamento con Al Qaeda, adesso non ci sono più dubbi su chi abbia commesso l’attentato, rivendicato dal Partito/Fronte rivoluzionario popolare di liberazione (Dhkp/C), gruppo turco di estrema sinistra, attraverso un comunicato pubblicato sul Web. Questo gruppo, decimato rispetto al passato, e i curdi del Pkk sono stati protagonisti di attacchi spettacolari nel Paese. Inoltre, c’è un negoziato in corso tra il governo e i ribelli per il cessate il fuoco e per il disarmo dell’organizzazione armata Pkk, associazione clandestina presente dal 2002 nella black list del terrorismo stilata da Unione Europea, Stati Uniti e Turchia. Una delle ipotesi è che si voglia interrompere questo negoziato strumentalizzando il Dhkp/C e l’attentato compiuto ai danni dell’Ambasciata americana.

Il gruppo era stato indicato fin da subito come responsabile dell’esplosione dalle autorità turche, preoccupate di far rientrare l’allarmismo creato dopo l’esplosione, molto simile a quella avvenuta a Bengasi lo scorso 11 settembre 2012, quando perse la vita, tra gli altri, l’ambasciatore americano Chris Stevens. Gli Usa, invece, hanno immediatamente ribadito la salda alleanza con la Turchia, Paese strategico per gli interessi militari statunitensi in Medioriente. La Turchia, infatti, è l’avamposto della Nato verso le regioni in cui gli americani hanno condotto le ultime guerre, l’Afghanistan e l’Iraq. Attualmente, inoltre, i Patriot della Nato sono schierati al confine con la Siria e gli americani contano sulla Turchia come una base aerea fondamentale.

Accanto agli interessi militari ci sono i fattori politici. Ankara è impegnata nel sostegno alla guerriglia siriana e vanta ambizioni di superpotenza regionale, oltre ad avere mire di influenza economica e politica nel Kurdistan iracheno. Altro fattore di tensione tra Washington e Ankara sono i rapporti con Israele, da non sottovalutare se si vogliono comprendere i motivi di tensione tra i due Paesi, alleati ma pur sempre diffidenti l’uno verso l’altro.

Piera Vincenti

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