ETA, 43 ANNI DI TERRORE IN SPAGNA

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L’ETA, il movimento separatista basco, torna a far parlare di sé. Non per un attentato ma per le dure parole pronunciate ieri dal presidente del Partito Popolare dell’Andalusia e sindaco di Siviglia, Juan Ignacio Zoido, che ha avvertito l’organizzazione terroristica che «non ha la minima possibilità di negoziare, può solo sciogliersi, deporre le armi e chiedere perdono».

In questa frase sono condensati cinquant’anni di rivendicazioni, attentati, arresti, ritorsioni, che hanno provocato ferite difficili da sanare. La questione di fondo è quella dell’indipendenza del territorio basco, una striscia di terra a cavallo dei Pirenei abitata dai baschi, un popolo antichissimo con una propria storia, una specifica cultura, e una propria lingua, l’euskara. Per secoli i baschi sono riusciti a preservare la propria identità, accusando però un colpo durissimo nel 1839 quando Francia e Spagna si spartirono il territorio causando di fatto la perdita di potere economico, politico e amministrativo dei baschi e l’emergere di una coscienza nazionalista che, nel 1959 portò alla nascita dell’ETA (Euskadi Ta Askatasuna ovvero Patria Basca e Libertà). L’organizzazione, che ha come simbolo è un’ascia intrecciata ad un serpente, fu fondata da un gruppo di studenti nazionalisti di ispirazione marxista-leninista, che accusava il Partito nazionalista basco di immobilismo di fronte al franchismo.

Lo scontro violento fra il gruppo indipendentista basco e lo Stato spagnolo, prima franchista e poi democratico, è durato 43 anni, dal primo attentato del 1968 fino al 20 ottobre 2011 quando l’ETA ha comunicato di avere deciso la «cessazione definitiva della sua azione armata e ha lanciato un ‘appello ai governi di Spagna e Francia per aprire un processo di dialogo diretto’».

Una decisione storica che non cancella gli 850 morti provocati nel corso di oltre 40 anni. Tra gli attentati più spettacolari e sanguinosi compiuti dall’organizzazione c’è quello del 20 dicembre 1973 contro il possibile successore di Francisco Franco, l’ammiraglio Carrero Blanco. Tante anche le azioni contro agenti della Guardia Civil o contro i militari delle forze armate spagnole.

Negli ultimi anni le forze di polizia spagnola e francese hanno inflitto duri colpi all’organizzazione, con l’arresto di numerose personalità di spicco tra capi e dirigenti. Questa, insieme al rifiuto di Zapatero di trattare con i separatisti senza una rinuncia alla violenza, è una delle ragioni che ha spinto l’ETA alla tregua del 2011, a cui non sono ancora seguite azioni terroristiche. Un’altra tregua, infatti, era stata annunciata nel 2006 ma venne spezzata dopo pochi mesi da un attentato.

Nelle intenzioni dell’ETA, quella di ammorbidire il Governo centrale spingendolo nella direzione di un confronto pacifico. Il banco di prova sono state le elezioni anticipate dell’ottobre 2012, quando i Paesi baschi hanno visto trionfare il Partito Nazionalista con ventisette seggi contro i dieci del Partito Popolare. Dopo la sua elezione, il leader dei nazionalisti Inigo Urkullu ha annunciato di voler dare priorità ai temi economici piuttosto che alle istanze autonomiste. A spingere per la causa separatista è anche il partito indipendentista Bildu.

La lotta armata, dopo decenni di violenze e sangue, è momentaneamente cessata ma i baschi non rinunciano alle istanze indipendentiste, cosa che preoccupa e non poco l’Unione Europea, minacciata da situazioni simili anche in Catalogna e in Scozia, dove il desiderio di autonomia è più forte, ma anche in territori come Sud Tirolo, Fiandre, Alsazia e Corsica.

Piera Vincenti

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