Marracash, Status: album tra verità e puro hip hop

 

Marracash Status AlbumA Marracash piacciono le sfide. Le strade in salita, il navigare controvento. Con il nuovo album di inediti, Status, uscito da pochi giorni. Marra costruisce un disco hip hop fino al midollo, eterogeneo ma compatto, e soprattutto mai ruffiano. Marracash con l’album Status non strizza l’occhio alle radio, non vuole piacere a tutti i costi. Il disco del rapper di Nicosia è essenzialmente un incontro di Marracash con se stesso, la prova del nove. Le diciotto tracce contenute (mai così tante in un suo progetto) suonano come schiaffi in pieno volto, a risvegliar coscienze e a smuovere gli animi. In Status non ci sono contaminazioni musicali, non c’è il pop lecchino commerciale, e non troverete nemmeno la dance da quattro soldi e il rock da due accordi. Il nuovo album di Marracash sputa molte verità (non sentenze) da ogni singola frase. Sono i testi, infatti, la vera forza dell’intero disco.

Registrato tra Milano, Londra e Los Angeles, Status è stato mixato da Mr Anthony Kilhoffer (già collaboratore di Kanye West) e si presenta ricco di ospiti, nuovi e vecchi amici di Marracash. Da Fabri Fibra (featuring nel brano “Vita da star”) a Coez e Salmo (voci in “A volte esagero”). Ci sono Achille Lauro (“Don”) e Luchè (“Sushi & Cocaina”), ma la sorpresona ce la fa Tiziano Ferro, che ha lavorato a quattro mani con Marracash nella splendida “Senza un posto nel mondo” (un pezzo fedele all’hip hop, non aspettatevi una canzone radio-friendly, dunque un singolo da lanciare in classifica). Spiazza Gue Pequeno nel pezzo “Di nascosto”, alleggerisce un po’ il tiro Neffa “Nella macchina”, quindicesima traccia del nuovo album di Marracash.

“Status” è un lavoro di (re)azione. Una mossa di puro orgoglio e di coerenza. Marracash firma un disco massiccio, inizialmente faticoso, certamente non per tutti. Perché va ascoltato e sentito, masticato e digerito. Non pattinate in superficie, scavate a fondo e concentratevi sui testi di ogni singolo brano, con i quali il suo autore si diverte a giocare infilando incastri metrici di altissima qualità. Troverete piccoli, grandi gioielli compositivi, figli di una scrittura ragionata, matura e consapevole. Storie di strada, di incontri e scontri. Racconti che scivolano via come pagine di un romanzo crudo e appassionato, di quelli che ti fanno immaginare frammenti di vita vissuta e che ti avvicinano, per forza, ai suoi personaggi.

Marracash è cresciuto (era inevitabile) ma non per questo ha placato la sua fame narrativa e nascosto il coraggio di prendere una posizione netta e scomoda, in una società confusa e distratta, patetica e paranoica. E di rumore Status ne ha fatto. Eccome. Le polemiche non sono mancate in questi mesi, dopo l’uscita dei primi singoli e, siamo certi, non finiranno di riempire la bocca avvelenata della rete. Gli argomenti trattati sono tanti, dall’abuso di droghe alla triste moda di voler diventare star del web per raggiungere il successo. Ed ecco che irrompono canzoni acide come “Crack”, “Status” e “Sindrome depressiva da social network”, ma anche pezzi di autocompiacimento (glielo concediamo) come “Bruce Willis” (“La gente ha la memoria corta e la lingua lunga. Vendi 4 volte me ma la musica è 8 volte più brutta”),“Bentornato” e “Vendetta” (“La mia vendetta è che i tuoi figli ascoltano i miei testi. E sognano di diventare quello che detesti”).

L’unica canzone che (ci) concede tregua è “In Radio”, forse apprezzata anche dalle signorine abituate ad ascoltare un altro tipo di “rap” (quello di Moreno o di Fedez, per intenderci). Status si chiude con l’amara “Sogni non tuoi” (“E’ una festa dove tutti ridono, tutti ballano e io lì che mi chiedo perché sembra che io sia l’unico che non si stia divertendo”) e la regina del disco, senza nome ma con più sostanza rispetto alle altre tracce principesche: si tratta di “Untitled”, pezzo in cui Marracash canta libero e senza freni: “Non mi interessa ciò che la gente pensa di me, la massa. Perché la massa, fra, non pensa e basta…”. Più sincero di così si muore. Bentornato, Marra, vera“tigre che non cambia le sue strisce”.

Silvia Marchetti

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