J-Ax e “Il bello d’esser brutti”, nuovo album tra ironia e rap’n’roll

“Il bello d’esser brutti” è il nuovo album di J-Ax, in uscita il prossimo 27 gennaio. Venti canzoni rap’n’roll, tra ironia, sentimento e amare riflessioni. La recensione del disco. 

Più che “Il bello d’esser brutti”, potremmo dire “Il bello d’esser J-Ax”. Sì, perché solo Alessandro Aleotti poteva confezionare un disco così intenso, ricco di storie e condito di svariati generi musicali. Una carrellata di canzoni, per la precisione venti, che già durante il primo ascolto ti prendono e ti rovesciano come un calzino spaiato. Il nuovo album di Ax, in uscita il prossimo 27 gennaio (prodotto da Newtopia e distribuito da Sony Music) è sicuramente l’opera più completa e travolgente del rapper milanese. Piacerà a tutti, anche ai non fan del rap. Stupirà perché “Il bello d’esser brutti” accompagna testi ben costruiti, crudi, veri, ironici, a seconda della storia raccontata, a registri sonori contaminati di reggae, rock, soul, punk, pop e indie.

“Il bello d’esser brutti” è un album profondo e intelligente e, al contempo, un viaggio tragicomico attraverso un vortice di ricordi e di riflessioni del suo autore. J-Ax si racconta in tutte le sue sfaccettature di uomo e artista. Ripercorre oltre venti anni di carriera e di avventure personali e professionali (dall’adolescenza, passando per gli Articolo 31, ai progetti come solista) e traccia un bilancio di tutto ciò che ha visto e vissuto sulla propria pelle, tra interiorizzazione del passato e consapevolezza del presente.  L’artista col berretto e la barbetta non le manda a dire e, in gran parte dei suoi nuovi brani, si diverte a criticare e a giocare tra doppi sensi e metafore illuminanti.

Il nuovo album di J-Ax debutta con “Intro” (“l’ultimo pezzo che ho scritto prima di chiudere il disco. Una sorta di esame finale”, spiega il cantante). La traccia fa riferimento a un momento particolare della vita di Ax, fase che lo ha portato a scelte amare ma coerenti col suo modo di essere, fino alla rottura di un rapporto: “L’amicizia che è finita come sempre nella vita, per le donne, la politica, l’orgoglio e il vile cash”. J-Ax ha la fama di essere un rivoluzionario dell’arte e del linguaggio (celebri i suoi Axforismi): da “Ribelle e basta” (titolo della seconda canzone del disco) è passato a “Sono di moda”, pezzo scritto quando sembrava essere diventato improvvisamente “il fidanzato d’Italia” (“Mi chiama la mia ex donna, anche Vanity Fair. Oggi sono di moda alè alè alè…”).

Ne “Il Bello d’esser brutti” spiccano numerose e illustri collaborazioni. C’è l’amico Neffa che ha scritto con Ax “La Tangenziale”, canzone che parla di una rivoluzione necessaria per andare avanti (“Facciamo il movimento dello sconforto generale…”). Lo stesso Neffa partecipa con un featuring anche alla romantica “Caramelle”, dedica d’amore di J-Ax alla sua attuale compagna. Nel disco non poteva mancare Fedez, con il quale ha fondato una nuova etichetta discografica (i due dedicano una canzone ai “Bimbiminkia” e non risparmiano frecciatine al Presidente del Consiglio: “Renzi fa più selfie che leggi…”). Presenti i Club Dogo, che rappano in “Old Skull”, brano con cui Ax si toglie qualche sassolino dagli anfibi (“Ho i numeri del Pop, il pubblico del Rock, l’ego del Rapper, l’erba del Reggae…Vecchio teschio come i Rolling Stones”).

Oltre a Il Cile, che canta il ritornello di “Maria Salvador”, J-Ax duetta col fratello Weedo nella splendida “The Pub Song”, brano che pare essere un omaggio al genio e allo stile di Enzo Jannacci. L’incantevole voce di Nina Zilli (“una delle più belle in Italia”, rivela J-Ax), si sposa alla perfezione con gli intenti del primo singolo estratto dal nuovo album, “Uno di quei giorni”. Finalmente un duetto uomo-donna divertente e leggero, senza l’obbligo di dovere per forza emozionare e amoreggiare, struggendosi di passione e di dolore.

Tra le canzoni più riuscite de “Il bello d’esser brutti” non possiamo non citare la titletrack, (“col nasone e i ciglioni sono più bello di Brad Pitt”, recita il testo), la perfida “Hai rotto il catso” (“Le vere parolacce sono Italicum Porcellum Imu Equitalia larghe intese e crisi di governo…”), la ballatona “Miss e Mr Hyde” (“la bellezza quella pura dura più di una stagione…le vostre Kim Kardashian, le nostre Sophia Loren”) e la spassosa “Santoro e peyote”, nella quale J-Ax immagina di guardare un talk show televisivo sotto effetto di alcol e droghe (“Santoro e peyote come il lavoro e l’amore, o quando cade il sapone in prigione…vedo i mostri in televisione”).

Ax, insegnante dell’ultima edizione (e anche della prossima) di The Voice, non ha dimenticato le promesse fatte ai talenti della sua squadra. Ed ecco Emiliano Valverde, giovane cantante scoperto proprio durante la trasmissione di Rai Due, presenziare nel brano “Tutto o niente”. Un brano Rap (con la R maiuscola), un colpo da Maestro di J-Ax, che qui immagina una telefonata tra il sé di oggi e quello di venti anni fa. Un altro featuring  è toccato al più grandicello e navigato Valerio Jovine (99 Posse), voce in “Un altro viaggio”, canzone che ben rappresenta l’Italia, contorta e ipocrita, Paese in cui gran parte delle persone, nonostante “l’odore di piscio” che fuoriesce dai bagni intasati, continua a fregarsene e a vivere come nulla fosse.

C’è anche lo zampino di Max Pezzali nel nuovo album di J-Ax. Il brano che porta la sua firma è “Nati così”, “un pezzo country-pavese di livello”, come lo definisce il co-autore Ax: “siamo nati così, per vincere quale guerra non si sa….per fare compere e ubbidire alla pubblicità…per correre verso cosa però non si sa”. Il premio come “capolavoro” del nuovo disco va, però, alla canzone che lo chiude: si intitola “L’uomo col cappello” ed è un autoritratto dipinto con maestria, ironia e un pizzico d’orgoglio dallo stesso Alessandro Aleotti. E’ lui l’uomo col cappello e con il ghigno di chi sa provocare semplicemente mostrando la sua vera faccia. Sono poche le persone che sanno comunicare senza peli sulla lingua e che se ne fregano del giudizio dei più. Ancor più rari gli individui coerenti, capaci di collegare il cervello alla lingua e di agire di conseguenza. J-Ax è uno di questi: ce lo ha dimostrato in oltre due decenni di musica, e ce lo dimostra ancor più chiaramente oggi, con i suoi 40 anni suonati, le bretelle, i tatuaggi, le canzoni che puzzano di verità sporche, nate per raccontare e irritare la gente “normale”. A quelli che gli dicono: “oh, ma non ti vergogni alla tua età?”, potrebbe tranquillamente rispondere: “Zio, è il bello d’essere J-Ax”.

Silvia Marchetti

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