Psicofarmaci, la guerra contro i bambini: matti da legare o solo inascoltati?

Pillole per favorire il sonno. Pillole contro l’ansia. Pillole contro la depressione. E il peggio è che gli psicofarmaci vengono somministrati anche ai bambini, a volte con estrema leggerezza. Gli effetti di queste medicine sono ben noti e debilitanti: oltre a inibire le prestazioni cognitive, hanno una serie di effetti collaterali che a lungo termine possono creare notevoli problemi all’organismo umano. Come qualsiasi farmaco, infatti, se usati in modo continuativo e prolungato, intossicano l’organismo.

Ma i dati sono scoraggianti nel mondo. In Italia il consumo di antidepressivi è aumentato dell’1,6 per cento nel 2016. E sembra che d’estate le prescrizioni si incrementino considerevolmente. Si cerca e si trova la strada più breve pure nei bambini. Un bambino è iperattivo? Diamogli una pillola! E` triste? Somministriamogli una pasticca. In un articolo dell’Istituto Riza si legge che gli effetti collaterali di questa classe di farmaci nei piccoli pazienti vanno dall’intossicazione del fegato agli scompensi cardiaci, dalle sincopi alle allucinazioni, dagli esordi psicotici alle forme maniacali, dal comportamento violento alle tendenze suicide. L’Istituto di ricerca poi avverte: «Quando un bambino diventa triste, taciturno o aggressivo sta lanciando un segnale di allarme, una richiesta d’aiuto. Gli psicofarmaci mettono a tacere proprio questi “segnali di vita” che i bambini vorrebbero inviare al mondo degli adulti». Non spegniamoli.

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James Hillman nel suo illuminante libro Il codice dell’anima scrive di una vera e propria ‘guerra contro i bambini’, parafrasando il titolo del libro di Peter e Ginger Breggin. «I bambini – sostiene – sono i capri espiatori per tutte le paure positivistiche nei confronti dell’anomalo, dell’eccessivo e dei moti divergenti dell’immaginazione al suo primo apparire». E la colpa non è dei medici ma della teoria che fa acqua da tutte le parti. Non si possono risolvere i disagi dell’anima con una pillola magica. Il disagio porta con sé sempre la cura e spesso è espressione di un talento nascosto o comunque che cerca di fluire liberamente, oltre le restrizioni, oltre le paure, oltre gli schemi, oltre i regolamenti familiari non scritti, oltre le tensioni, oltre i codici comportamentali collettivi imposti dalla scuola e in genere dalla società. La timidezza è un valore aggiunto se non la consideriamo patologica, una tristezza non riconosciuta nasconde sempre un altro significato se non la ingabbiamo etichettando la persona con termini quali ‘depressa’ o  ‘angosciata’. Le etichette fanno molto male alla psiche perché le parole creano, mentre è il silenzio consapevole che cura! Il vostro bambino ha un disagio? Non parlatene continuamente con tutti, magari davanti a lui, come se non ci fosse. Piuttosto cercate una strada alternativa, più dolce e a misura sua nel silenzio e soprattutto nell’amore.

Approcciarsi ai codici dell’anima, nei bambini come negli adulti, con le leggi della logica è un suicidio collettivo. Sia inteso, nei casi limite e solo negli adulti, gli psicofarmaci possono essere d’aiuto… sono un iniziale sostegno… un’ancora da usare per un brevissimo periodo di tempo, ma pensare che una pillola ci insegni a dialogare con le nostre emozioni e risolva i sintomi è una pura follia, creata dalla società del tutto e subito, la quale anestetizza ciò che non riesce a riconoscere e omologa il diverso. Ogni essere umano è unico e i bambini sono speciali, tutti! Basta saper ascoltare e guardare nel modo giusto…

 

Maria Ianniciello, giornalista e naturopata

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