IL PANICO, DEBUTTO NAZIONALE ALLO STREHLER

Il panico – © Laselva

Dopo La modestia ecco Il panico, un altro dei sette vizi capitali “ripensati” in chiave contemporanea da Rafael Spregelburd: Luca Ronconi, con questa nuova produzione del Piccolo Teatro, prosegue così la ricerca sulla Eptalogia dell’autore argentino. Il nuovo spettacolo del Piccolo debutta martedì 15 gennaio 2013 in prima nazionale al Teatro Strehler, con repliche fino al 10 febbraio.

In scena 16 attori tra i più affermati della scena italiana. Ecco, in ordine alfabetico, il cast al completo composto da 13 donne e 3 uomini: Riccardo Bini, Francesca Ciocchetti, Clio Cipolletta, Fabrizio Falco, Iaia Forte, Elena Ghiaurov, Lucrezia Guidone, Manuela Mandracchia, Valeria Milillo, Maria Paiato, Maria Pilar Pérez Aspa, Valentina Picello, Paolo Pierobon, Alvia Reale, Bruna Rossi, Sandra Toffolatti. Le scene sono di Marco Rossi, i costumi di Gianluca Sbicca, le luci di A.J. Weissbard, il suono di Hubert Westkemper.

«Il panico è un testo che parla della vita e della morte, intese come due territori – spiega Ronconi – Come La modestia, che ho messo in scena nella scorsa stagione, è una commedia bipartita, dove gli attori sembrano stare sempre da un’altra parte. E’ l’aspetto che più mi piace approfondire nel mettere in scena i testi di Rafael Spregelburd. I personaggi infatti danno l’impressione di essere continuamente profughi, di vivere, in un certo senso, la vita degli altri. Devo dire che, in questo, mi sento molto vicino a Spregelburd».

In un mondo complesso, in cui a ciascuno di noi pare di vivere un’esistenza su più piani spaziali e temporali, tra economie impazzite e conflitti insolubili fra le nazioni, decodificare la realtà è diventato impossibile e vano. Attraverso questo testo Luca Ronconi ci dice che, se non possiamo capire, possiamo riprodurre e rappresentare questo caos in teatro, ricorrendo ai molti codici narrativi che la tradizione e i diversi media ci forniscono.

Così, la storia di una strana famiglia alle prese con un’eredità chiusa in una cassetta di sicurezza di cui è stata smarrita la chiave e le parallele vicende di un’agente immobiliare prigioniera di un appartamento rifiutato da tutti perché infestato dagli spiriti e di un ensemble di ballerine che sta provando un nuovo spettacolo nel ricordo di una collega morta diventano una, mille, centomila chiavi che aprono altrettante porticine dalle quali spiare almeno una parte dell’indecifrabile commedia umana.

Chi è morto non sa di esserlo, chi è vivo, naturalmente, non “vede” i morti ma si limita a percepirne la presenza: il panico attanaglia entrambi. Sullo sfondo – ma non troppo – la devastante crisi economica argentina dei primi anni Duemila, più indietro nel tempo, gli anni terribili dei desaparecidos, delle torture e degli assassini di stato. Tutto, anche ciò che di più tragico c’è, è sempre letto attraverso il filtro dell’ironia e della dissacrazione, ricorrendo alle lenti deformanti del cinema horror, della letteratura, delle telenovelas, della pubblicità, in un contesto in cui l’ideologia e la politica sono state sostituite dalla fiction.

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