Mamme e stress dal troppo lavoro nel libro “Guerriere”

Mamme stress dal troppo lavoroEssere mamme non è mai stato facile e oggi, a causa dello stress dal super lavoro, è ancora più arduo. E’ una vera e propria sfida alla società, è una guerra dichiarata a se stesse e al futuro. Possono sembrare, queste, parole dal suono apocalittico, invece si tratta solo (si fa per dire) della realtà che emerge dal grintoso e diretto saggio della giornalista Elisabetta Ambrosi, “Guerriere” (Chiarelettere, 2014). Il libro sottintende una domanda che accompagna il lettore pagina dopo pagina: nell’Italia moderna, piena di tecnologia, comodità e apparentemente così avanzata, le donne sono davvero libere? La risposta è no. L’altra metà del cielo, infatti, viene al mondo e cresce nutrita di storie e preconcetti su vari argomenti, a cominciare dalla maternità. Essere mamme è spesso uno stress perché il lavoro è più che raddoppiato. Alle giovani donne viene insegnato che dare la vita a un altro essere umano è il fine ultimo della loro stessa esistenza. Attenzione, perché qui siamo su un terreno minato: è vero, infatti, che la maternità è un evento prezioso, bellissimo, elevato, ma se questo messaggio è utilizzato in modo più subdolo per creare un muro intorno alle madri e alle donne in genere, confinandole in un ruolo e in una casa senza possibilità di reinventarsi, di creare se stesse e di mettere a frutto studi e competenze, il risultato è una gabbia intellettuale, fisica ed esistenziale da cui è complicato uscire. La donna è, prima di tutto, una persona ma spesso questo viene dimenticato, o meglio si finge di non rammentarlo, poiché il modello di società patriarcale tende a incasellare in maniera netta e definitiva i ruoli, i diritti e i doveri di uomini e donne. Così queste ultime hanno il compito di mettere al mondo e allevare la prole, i loro compagni di cacciare e portare a casa il cibo. Tradotto nell’era moderna vuol dire che alle madri spetta accudire i figli senza lamentarsi, nonostante, magari, una mente brillante e tutte le carte in regola per riuscire nella vita, agli uomini di lavorare, fare carriera, mantenere la famiglia e, in tal modo, grazie al potere economico, controllarla. Questo “schema” ha moltissime variabili, ma la base è proprio questa. Guerriere libroIl libro “Guerriere” di Elisabetta Ambrosi prende in considerazione sia la visione generale del discorso sia quella particolare, attraverso i racconti di donne che affrontano la loro guerra di pappe e pannolini tra impegni da incastrare in una sorta di Tetris reale, di vita vera, un lavoro che non c’è o che evapora non appena la malcapitata annuncia ai datori di essere incinta, oppure che diviene man mano più pesante perché, così facendo, la neomamma esasperata darà da sola le dimissioni (siamo in pieno mobbing). Impieghi mal retribuiti nonostante curricula sfolgoranti di studi, esperienze e bei voti, richieste di permessi, mancanza di tempo da dedicare a se stesse per vivere e, per pochi momenti, tornare ragazze spensierate. Tutto questo in un Paese difficile, in cui lo Stato fa molto poco per aiutare i neogenitori, in cui le promesse troppo spesso rimangono belle parole che volano in aria, mentre sulla terra è complicato persino ottenere un posto in un asilo pubblico. Cosa fare, poi, se gli orari della scuola non coincidono con quelli del lavoro di una madre e di un padre? Una delle possibilità, se la baby sitter è un miraggio nel deserto delle finanze familiari, è affidarsi ai nonni. Una vera e propria risorsa, eppure c’è un “ma” anche in questo caso: la suocera. Il rapporto tra nuora e suocera è uno dei più controversi e complessi di sempre: due rami dell’albero genealogico di molte famiglie italiane che spesso non si toccano nemmeno. Questo è un altro assillo della mamma italiana moderna: riuscire a costruire un rapporto duraturo e più solido possibile con colei che ha dato alla luce suo marito/fidanzato/compagno. Una madre come lei, dunque, ma di una diversa generazione, con cui è auspicabile, quando non necessario, costruire un’intesa che vada oltre la buona educazione. Questo, infatti, manca alle donne italiane: la coesione, la solidarietà che potrebbe aiutarle a fare fronte comune nella richiesta di una efficace parità di diritti soprattutto in una situazione straordinaria come quella della maternità. Tutto questo e molto altro viene fuori dalle storie di donne raccolte dalla Ambrosi dopo anni di lavoro, esperienze e blogging: rimanere incinta non equivale a essere malate (qualche uomo ancora non lo ha capito bene), avere una famiglia è un diritto, ma anche essere se stesse fino in fondo, Alessia o Anna senza perenni sensi di colpa, senza sentirsi madri degenerate per una dimenticanza o una piccola imperfezione nella marea di faccende da sbrigare. Il lavoro stesso, poi, è un diritto, così come realizzare se stesse. Nella prefazione “Arrendersi mai”, la scrittrice e giornalista Lia Celi invita i lettori a prendere con le pinze l’abusato verbo “conciliare”. Questa parola della lingua italiana, infatti, sembra studiata proprio per le donne. Gli uomini non la usano e non ne hanno bisogno, poiché a loro non è stato chiesto di conciliare. Le mamme, invece, dovrebbero mettere insieme tasselli della loro vita quasi si trattasse di un puzzle, farlo senza frignare e accontentandosi di ciò che hanno. Eppure agli uomini nessuno dice mai di “accontentarsi”. La figura maschile, nel libro “Guerriere” di Elisabetta Ambrosi, è una sorta di ombra che scivola più o meno silenziosa tra la madre e il pargolo, un personaggio in perenne attesa di qualcosa (quasi un “Aspettando Godot” in una stanza rosa o azzurra, tra un passeggino e un fasciatoio). Il padre può simpatizzare, ma non si metterà mai in gioco davvero, non accetterà mai che il ruolo datogli all’alba della civiltà venga ridiscusso o ne siano ridisegnati i confini dal pennarello lavabile del suo piccolo erede. Cosa fare, allora? Ambrosi non presenta verità ma possibili opzioni attraverso le storie che racconta. “Tutta la vita è risolvere problemi” sosteneva Karl Popper. Elisabetta Ambrosi suggerisce, con il suo stile attento, elegante e ironico, di tentare di risolverli partendo dal ruolo della donna moderna, prendendo coscienza dei cambiamenti avvenuti e di ciò che ogni ragazza più o meno giovane vuole, senza dare ascolto ai pregiudizi o ai retaggi interiorizzati da generazioni di madri e figlie. In che modo? Attraverso la suddetta solidarietà femminile, ma anche con una buona dose di creatività (fondamentale per risolvere problemi) e di spensieratezza che non è mai superficialità ma leggera ironia nei confronti di un’esistenza e di una società a volte molto contorte, eppure affascinanti come solo la vita può essere. “Guerriere” è un libro che dovrebbero leggere prima gli uomini, per capire davvero il divario ingiusto tra loro e le donne, perché è solo la donna che deve sempre, come diceva Oriana Fallaci in “Lettera a un bambino mai nato”, (Rizzoli, 1997): “Dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata. Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. E’ solo un diritto fra tanti diritti. Faticherai tanto ad urlarlo”. Partendo da questi presupposti si possono aiutare le mamme a superare lo stress, e le conseguenze connesse, dal troppo lavoro fuori e dentro le mura domestiche.

 

Francesca Rossi

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto