Oppenheimer di Christopher Nolan: un film sullo spirito del nostro tempo

Oppenheimer: recensione e trama del film di Nolan

Oppenheimer di Christopher Nolan non è solo un complesso thriller storico-politico ma è anche un omaggio al Cinema. Lo è per le ampie panoramiche girate nel deserto che rievocano i western a colori e i film degli anni Cinquanta, alla Via col Vento. Lo è per le angolature, i primi piani e l’eleganza della fotografia in bianco e nero che ci riporta agli anni del Maccartismo e del secondo dopoguerra, quando il nemico statunitense si era spostato sempre più verso Est.

Nolan ancora una volta mescola i piani per dimostrarci come il tempo cambi la politica e gli intenti che sono tuttavia sempre guidati dallo stesso istinto di prevaricazione. La macchina da presa si posa sull’uomo per scrutarne i pensieri e definirne la morale, in un contesto che cambia mentre il fine continua a giustificare i mezzi. Nolan guarda alla complessa e particolareggiata figura del padre della bomba atomica, Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), per mostrarne la grandezza e tracciarne le sfuggenti ambizioni tra genialità e dubbi etici.

Non il classico biopic

Questo lungometraggio non è il classico biopic lineare dal punto di vista cronologico. Passando da un periodo all’altro in un battito di ciglia, grazie a una meticolosa opera di montaggio, il regista di Interstellar mescola i piani distruggendo ogni logica di tempo per mostrarci come le azioni di pochi determinino il futuro di molti. Oppenheimer viene ripreso in più fasi della sua vita (ce ne accorgiamo perché cambiano sia i colori della pellicola che la fisionomia del protagonista), dagli inizi della sua carriera al progetto Manhattan per arrivare al processo a porte chiuse, che dovette sostenere perché accusato di collaborare con i sovietici. C’è poi un altro piano che si interseca agli altri completando e definendo la storia, ed è il processo dell’imprenditore Lewis Strauss (Robert Downey Jr.) che finì sul banco degli imputati riabitando così la figura dell’illustre scienziato.

Nolan gira un film sull’esercizio del potere e sull’etica in ambito scientifico. Oppenheimer con i suoi collaboratori mise nelle mani di pochi uomini un ordigno che avrebbe potuto distruggere l’umanità. Lo fece per un fine nobile e probabilmente anche per l’emotività del momento legata a fatti personali (lo scienziato era ebreo proprio come Einstein che vediamo più volte nel film). Il fine era vincere la guerra e sconfiggere definitivamente i nazisti. Anche se i tedeschi già erano stati sconfitti e i giapponesi molto probabilmente si sarebbero arresi anche senza il lancio la bomba atomica. Con un plot non semplice ma d’effetto, il lungometraggio è una riflessione cerebrale, spigolosa e a tratti disturbante sull’uso della tecnologia militare che, se messa nelle mani di psicopatici con manie di grandezza, potrebbe far estinguere l’umanità.

Un grande cast e la metafora di Prometeo

Nolan si è avvalso di un grande cast, con attori del calibro di Emily Blunt, Matt Demon, Florence Pugh, Rami Malek e Jack Quaid. Il soggetto è il romanzo Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato (American Prometheus) di Kai Bird e Martin J. Sherwin. L’allusione a Prometeo è alquanto significa perché il personaggio della mitologia era un Titano che rubò il fuoco agli Dei per darlo agli uomini e che poi fu punito da Zeus in una maniera molto feroce: un’aquila gli avrebbe divorato il fegato, che sarebbe ricresciuto di notte, fino alla fine dei tempi. Prometeo fu poi liberato da Eracle. Maria Ianniciello

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