Hammamet: recensione del film con Favino nel ruolo di Craxi

La politica risolve tutto. La politica può tutto. Ma per fare politica servono tanti soldi, almeno così era negli anni Ottanta del secolo scorso tra feste di partito e appalti truccati, tra mazzette incassate e clientelismi vari. Era un ‘magna magna’ generale. Gianni Amelio però in Hammamet non si sofferma su questo punto, che risulta marginale, bensì sull’individuo e sulle sue molteplici antinomie. Dopotutto l’umanità è complessa e spesso si contraddice nel tentativo di essere coerente per forza. Di seguito la recensione di Hammamet e la trama. In calce trovi anche il podcast.

recensione di hammamet

Recensione di Hammamet e trama

Come aveva fatto Paolo Sorrentino con Giulio Andreotti ne Il Divo, così fa anche Gianni Amelio con una delle personalità più enigmatiche della storia italiana, Bettino Craxi, sul quale è caduto un assordante silenzio. Il regista de L’intrepido e de La tenerezza porta infatti luce nel buio con la sua macchina da presa. E, affidandosi ad un grande attore, quale Pierfrancesco Favino, ci sbatte in faccia un’amara verità: quando il gioco comincia a farsi davvero duro la maggior parte della gente (non del popolo, come si diceva una volta) scende dal carro degli ex vincitori, che oggi sono i perdenti, per paura della malasorte. Ne consegue che l’asse portante di tutta la pellicola non sia l’ascesa né la caduta ma il senso di colpa che ne deriva.

La caducità dell’esistenza….

Hammamet nello specifico riflette sulla caducità dell’esistenza consegnandoci tra le braccia una persona sola, che in preda all’angosciasi sente il capro espiatorio di un Paese giustizialista e giudicante che anche di fronte alla morte non sa fare un passo indietro.

La macchina da presa parte da una bravata del piccolo Craxi (poi punita) per condurci nel cuore del potere, in una delle sequenze più incisive ed illuminanti del lungometraggio, e infine in Tunisia dove si consumano gli ultimi giorni del leader del Partito Socialista.

Con andatura e voce stanca, Craxi – che è accudito dalla primogenita Stefania (Livia Rossi) – ospita per alcuni giorni Fausto (Luca Filippi), il figlio del suo braccio destro, un ragazzo enigmatico che nasconde il proprio astio dietro il bisogno di conoscere ciò che davvero è accaduto.

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Il ritratto drammatico di un uomo solo…

Insomma, attraverso la figura di Bettino Craxi – interpretato da uno straordinario Favino che si è sottoposto a cinque ore di trucco giornaliere – il regista ci fa capire che dopotutto siamo tutti fragili nelle rispettive insicurezze e che ciascuno è alla ricerca di considerazione ed affetto.

Hammamet, dunque, non è un film politico, un thriller, un pamphlet o un biopic. E’ piuttosto il ritratto drammatico di un uomo smarrito, non più all’apice del potere.  

Il film ha un ritmo cadenzato, lento, come il passo di Craxi, ma nel secondo tempo acquisisce una certa vitalità seguendo l’astrusa legge del contrappasso. Hammamet è dunque un film che fa parlare di sé soprattutto per la performance di Favino! (Marica Movie and Books)

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