Linee parallele: recensione del film di Netflix

Non è il tempo l’asse portante di Linee parallele, il film di Netflix. E’ piuttosto il destino il filo conduttore di questa commedia. Qui il fato (che non è la fortuna per come la intendiamo oggi) sembra avvalersi di una forza misteriosa che gli antichi greci chiamavano Daimon e che nel film conduce la protagonista, volendo o nolendo, sulla strada che ha un cuore, tra momenti di piccole tensioni quotidiane e istanti di pura gioia.

Linee parallele è un film rassicurante, un po’ come La casa sul lago del tempo (2006). Sprovvisto dei toni drammatici di Sliding Doors (1998) e di Premonition (2007), il lungometraggio si inserisce nel filone cinematografico sentimentale-romantico con una discreta originalità.

Questa pellicola ci insegna che nulla è giusto o sbagliato se paragoniamo la vita ad un percorso non lineare che però ci porta, tra magre consolazioni e momenti di felicità, alla casa del Sé. Infatti, il personaggio principale si evolve e matura a prescindere dalle scelte che fa e dalle persone che incontra.

La protagonista si chiama Natalie (Lili Reinhart) e una sera ha un rapporto sessuale con l’amico Gabe (Danny Ramirez). Lei ha fatto tanti programmi per il futuro. Infatti, vuole trasferirsi con la sua migliore amica a Los Angeles per intraprendere la carriera di illustratrice ma, proprio la sera della festa di Laurea, fa un test di gravidanza perché teme di essere incinta.

Il film comincia così a tracciare due linee parallele. Nella prima Natalie è incinta e decide di tenere il bambino rinunciando alla carriera. Nella seconda la nostra eroina non è in dolce attesa e quindi decide di realizzare i i propri sogni professionali.

Sia inteso, questo film non è l’ennesimo lungometraggio sulla maternità e sui limiti che questa comporta alle donne che vorrebbero sviluppare tutte le dimensioni del loro essere (non solo la maternità) per bisogni intrinseci o estrinseci ma sono impossibilitate dal contesto.

Linee parallele, come ho anticipato, è un lungometraggio che ci fa riflettere con leggerezza sul destino grazie alla grafica accattivante e ad un personaggio femminile moderno e frizzante. Il punto forte della commedia è il montaggio. Molto accattivanti sono anche i costumi e la scenografia. La sceneggiatura è invece buona, come del resto la regia di Wanuri Kahiu. Maria Ianniciello

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