HASTINGS E LA LIBRERIA GASTRONOMICA

La libreria in fondo al mare ©Daniel Agami

Ci sono toponimi cristallizzati nella memoria a prescindere dalla loro localizzazione: sono luoghi cicatrizzati nella memoria, e se Fabriano è un foglio e le sue cartiere, e se Londra è un colore, a meno di 100 km a sud dal fumo di Londra c’è Hastings, ed è la battaglia, con cui nel 1066 il normanno Guglielmo Il Conquistatore conquista l’Inghilterra, salvata con nome della memoria collettiva scolastica di un’età in cui era facile ricordare, e forse vivere. Ma dietro un nome scritto su un manuale di storia c’è una geografia, e perdendosi negli angiporti di questa città, tra case piccole e basse come quelle tipiche dei pescatori nelle città di mare italiane, e pub dove cercare un po’ di alcool in cui affogare il proprio diritto al calore, pare di vederlo, William The Conqueror oggi, sbarcare sul mare, salire dalla Marine Parade lungo la High Street con un fish & chips in mano, e fermarsi in una birreria ad ascoltare un piccolo concerto folk contemporaneo.

Cose che capitano, ad Hastings.

Un paese in bilico tra un proprio glorioso passato di roccaforte militare e un disusato porto di pescatori, tra la parte occidentale che ammicca a meta balneare e la Old Town, di un’antica povertà e di moli lignei, che sembrano usciti dal Pinocchio di Comencini. È sera: il buio del Channel, la Manica che allontana la Gran Bretagna dal resto dell’Europa, per poche decine di kilometri di stretto a nord di Calais, si confonde con il cielo. Sia che si arrivi in automobile, lungo la gratuita A21, o piuttosto nei costosi treni, il punto di partenza non può che essere lo Stade, la zona del porto occupata da lignee reliquie di pescherecci: lo illuminano le luci dei netshops, chioschi dove si ci si mette in fila, aspettando una abbondantissima porzione di fish &chips, a 4 £, più o meno 5€: consigliabile non grande, perché comunque vada vi verrà fornito tante patate fritte e un bel pezzo di pesce, l’haddock, cugino nordico del merluzzo, in Italia (s)conosciuto come Eglefino o Asinello. I posti sono alla buona, e ci si entra solo per ordinare e ritirare, ma se nonostante il freddo la gente resta in fila, un motivo ci sarà.

Percorrendo High Street, si ascende dal mare alla salita che porta al castello della città dell’East Sussex, e con gli occhi commossi dalla salsedine o dalla solitudine, lo sguardo si ferma a sinistra, su un posto che sembra uscito dalle fiabe. È il Boulevard Restaurant (32 George Street), un’elegante second hand bookshop in legno bianco: una libreria d’occasione, di giorno, e di sera, un ristorante in una libreria (inaugurata nel 2010) un luogo di ristoro forse, più che per essere leggeri, per leggere, e mangiare: una libreria gastronomica, dove cibare corpo e mente. Poi si esce, da quel luminoso luogo di ristorazione post-illuministico, e torna il buio, e si pensa alla povertà dei pescatori, alle guerre e al freddo, guardando il buio del mare, mentre sotto c’è tutto un mondo sottomarino che dorme, e sogna una corrente del Golfo che renda il mare più caldo.

Daniel Agami – [email protected]

* Si ringrazia Michele Avoni

 

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