USA, FISCAL CLIFF: C’È L’ACCORDO

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Le norme sul fiscal cliff diventano legge e sanciscono definitivamente l’aumento delle tasse per i più ricchi, con reddito superiore ai 400mila dollari. L’accordo è stato trovato non senza difficoltà e ha lasciato il presidente Barack Obama sulle spine fino all’ultimo. Basti pensare che il voto finale è stato di 257 sì e 167 no, che sono arrivati soprattutto dal Grand Old Party dove si sono registrati solo 85 favorevoli contro 151 voti contrari. L’intesa scongiura il temutissimo baratro fiscale che avrebbe prodotto l’aumento delle tasse per il 98 per cento degli americani e tagli indiscriminati alla spesa, misure per un totale di 1.200 miliardi, quattro punti di Pil che avrebbero condannato l’economia statunitense alla recessione. L’accordo è soltanto parziale e dovrà essere rivisto alla fine di febbraio, quando si prenderanno in esame i tagli alla spesa pubblica.

Il presidente ha tenuto una conferenza stampa pochissimi minuti dopo il voto finale, esprimendo la propria soddisfazione per l’accordo raggiunto: «Avevo promesso di alzare le tasse sui più ricchi, il due per cento degli americani, e di salvaguardare la classe media. Stasera lo abbiamo fatto. Ringrazio tutti i deputati e i senatori, e soprattutto lo straordinario lavoro del mio vicepresidente, Joe Biden. Questo è un passo importante per rafforzare l’economia, ma è solo un primo passo nella lotta al deficit. Serve ora un’intesa più ampia per rilanciare l’economia. Democratici e repubblicani possono lavorare insieme».

I media americani hanno accolto senza entusiasmo, o addirittura con scetticismo, le misure adottare dal Congresso, incapaci secondo la stampa statunitense di fornire una soluzione chiara e definitiva ai problemi economici che affliggono gli Usa. Il New York Times sottolinea come i politici abbiano soltanto rimandato di due mesi in problema fondamentale, quello della spesa pubblica, senza trovare una soluzione a lungo termine che permetta al governo di superare il tetto del debito raggiunto a fine anno. «Se non si trovasse al più presto un accordo su questo punto – scrive il New York Times – i tagli alla spesa dovrebbero essere inseriti gradualmente dando un altro colpo all’economia. Anche se i problemi relativi al tetto del debito e ai tagli alla spesa fossero risolti a marzo, i politici potrebbero rimandare ancora le risposte a lungo termine sul deficit, e il debito pubblico è al momento il problema più preoccupante per molti economisti».

Il Washington Post ha espresso il proprio sconforto verso il compromesso politico raggiunto, giudicato «insignificante e imperfetto, che fa troppo poco per indirizzare la nazione verso una soluzione a lungo termine del problema del debito». Ma, specifica, «considerando tutte le sue debolezze, l’accordo è molto meglio di un fallimento per il Congresso». «Gli Stati Uniti – prosegue l’editoriale del Washington Post – dovranno aspettare ancora a lungo prima dell’inevitabile calcolo del budget». «Speriamo che i leader della nazione – conclude – saranno capaci di raggiungere in più fasi ciò che non sono stati in grado di fare in una serie di crisi autoimposte: far aumentare le entrate e ridurre significativamente la spesa per il futuro. Ma l’episodio del fiscal cliff offre poche speranze».

Piera Vincenti

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