I disturbi del comportamento alimentare

Questo appuntamento con i “disturbi alimentari”si prefigge di rendere più comprensibile una problematica che, purtroppo, si sta diffondendo a macchia d’olio in Occidente. In particolare si vuole scardinare queste malattie da pregiudizi e luoghi comuni, che non consentono alla “vittima” di guarire e la spingono sempre più nel baratro della morte. Nel libro “Fame d’amore” la psicologa canadese Peggy Claude-Pierre racconta come è riuscita a salvare le sue due figlie da una grave forma di anoressia. Peggy, a seguito di questa terribile esperienza, ha dato vita al metodo Montreux e all’omonima clinica. Per affrontare e superare i “disordini alimentari” è importante che le famiglie liberino la mente dai pregiudizi di cui è intrisa la società contemporanea. E’ indispensabile abbattere le barriere dell’ignoranza e della superstizione, mettendo da parte la logica ed immedesimandosi nella mente del malato. Una anoressica dice nel suo diario: “ Sono cattiva. Quando mangio mi odio[…]Faccio schifo e merito di morire.[….]Quando mi prendo cura di me, sento dire: “Sei disgustosa. Come osi continuare a vivere così bene.”1 Ci dobbiamo chiedere: Che cosa spinge questa ragazza a morire di fame? Perché si odia così tanto? 
La psicologa canadese sostiene che alla base dei “disordini alimentari” ci sia una Condizione di Negatività Cronica (Cnc). La mente di questi individui è affetta da pensieri negativi ed autodistruttivi. Coloro che svilupperanno i disordini alimentari sono portatori, durante l’infanzia, della Cnc. Questi bambini di solito sono sensibili, altruisti e si accollano molte responsabilità. Guardano con occhio attento il mondo e vorrebbero risolvere i problemi della società e delle loro famiglia. E’ necessario insegnare ai bambini, che sono predisposti alla Cnc, a comportarsi da bambini. Ognuno deve rispettare il proprio ruolo e i genitori devono far crescere il figlio in un clima di assoluta serenità. Le persone affette da “disturbi alimentari” si sentono responsabili di tutto e di conseguenza usano la carenza di cibo o le “abbuffate” per auto-punirsi. In questi soggetti prevale una sorta di dualismo mentale: hanno in sé una mente negativa, la quale con l’evolversi della malattia si rafforza sempre di più, annientando la mente reale, ovvero i pensieri positivi. La voce della mente negativa spinge queste persone a lasciarsi morire o addirittura a suicidarsi. Il metodo Montreux si propone di curare i disturbi alimentari alla base, cioè indebolendo la mente negativa e rafforzando quella reale. Per fare questo non bisogna adottare tecniche punitive, le quali finirebbero per rafforzare la condizione di negatività cronica. Il paziente si sentirebbe ancora più inadeguato ed imperfetto. I dipendenti della clinica Montreux infondono amore e comprensione al paziente, senza rimproverarlo ed umiliarlo. Lo aiutano a costruire la sua identità. Bisogna ricordare che le malattie psicologiche sono gravi ed invalidanti quanto quelle organiche. Chi avrebbe il coraggio di offendere un malato di cuore o di cancro? La comprensione ha aiutato malati terminali a guarire da anoressia e bulimia. Come ho detto prima, molti sono i pregiudizi sui disturbi alimentari: si pensa che questi soggetti siano fanatici, egoisti, ricchi, eterni bambini, controllati, perfezionisti. Inoltre, molti attestano che l’anoressia sia la conseguenza di un trauma dovuto ad una separazione, al divorzio dei genitori, all’adolescenza, ad abusi fisici o psichici. Per Peggy Claude- Pierre, la causa di questi disturbi non è un trauma, ma la Cnc, che, soprattutto dopo un’esperienza dolorosa, consentirà alla malattia di svilupparsi. Questi individui si sentiranno in colpa per non aver saputo impedire la morte di un genitore, un divorzio, un fallimento amoroso o professionale… Tendono alla perfezione intellettuale e, soprattutto, fisica non per essere apprezzati, ma perché la società, che si avvale di questi prototipi, ne tragga giovamento. I bambini predisposti alla Cnc “ lottano per creare un mondo perfetto[…] si impegnano a raggiungere il massimo a scuola, negli sport o nell’arte. […]Nel loro intimo, questi piccoli, rispondono a quelli che percepiscono come dettami della società[…]Non lottano per essere migliori, assecondando un innato senso della competizione, ma per dimostrare agli altri il proprio valore, perché sono privi del senso di identità. [….]Dopo aver collaborato per anni con le famiglie di giovani affetti da disordine alimentare, ci si rende conto che essi sono più sensibili alle contraddizioni della società[…]Il bambino sensibile e premuroso, che spera di poter evitare che accadano disastri alla sua famiglia e alla società si affanna a compiacere gli altri e a salvarli da ogni possibile disgrazia perché è convinto che può e deve farlo[…]Le vittime devono raggiungere la perfezione nell’indegnità[…]”2 I bulimici… gli anoressici sono il frutto della carenza di amore, di premure, di affetto. Costoro devono imparare a saper usare la loro bontà d’animo, senza voler a tutti i costi raggiungere una perfezione che non esiste. Devono accettare l’imperfezione come una normale caratteristica dell’uomo. Nessuno di noi può improvvisarsi psicologo, però dobbiamo ricordare che una persona affetta da queste patologie va aiutata a comprendere il proprio male, senza essere condannata. I genitori devono affidare i propri figli a centri competenti, i quali, per essere tali, devono mostrarsi attenti, non superficiali e, innanzitutto,devono essere in grado di infondere al paziente un amore incondizionato. Le norme dell’amore sono note a tutti. Non sono difficili da applicare…basta solo volerlo.


Una testimonianza tratta dal libro “Fame d’amore”.

“Prima di arrivare a Montreux ero completamente consumata dall’anoressia, era lei la mia vera identità.[…]Ero priva di autostima e di fiducia in me stessa. La mente negativa e i comportamenti ossessivo-compulsivi controllavano la mia vita, ero costretta a seguire un insieme di regole severe, che scandivano ogni momento della giornata, influenzavano i miei pensieri e le mie azioni e mi spingevano a sfinirmi a forza di ginnastica.[…]Quando arrivai a Montreux, non riuscivo a camminare; ero talmente denutrita ed emaciata che sembravo uno scheletro. Avevo passato due anni e mezzo dentro e fuori dagli ospedali, peggiorando sempre di più. Ero certa che anche qui si sarebbero arresi e mi avrebbero rispedito a casa. Invece non mi hanno mai lasciata solo nella battaglia contro l’anoressia[…]”3 1 Peggy Claude-Pierre, “Fame d’Amore .Una nuova cura per l’anoressia”, Mondatori, Milano 2001, p.46 2 Peggy Claude-Pierre, “Fame d’Amore. Una nuova cura per l’anoressia, Mondatori, Milano 2001, pp. 65-66 3 Ivi, pp. 252-253

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto