CECENIA TRA PACE APPARENTE E NUOVE PAURE

Del genocidio dei ceceni e della causa indipendentista dalla Russia non si sente più parlare dal  2008, anno in un cui è stata raggiunta una pace apparente dopo quasi vent’anni di sanguinose guerre e, soprattutto, dopo quattro secoli di scontri tra gli invasori russi e la piccola Cecenia.

Oggi viene definita “guerra per l’integrità della Russia” o “lotta al terrorismo”, ma quelli che adesso si chiamano terroristi, ai tempi di Stalin erano banditi, con gli zar selvaggi. Il risultato è lo stesso: secoli di repressione che hanno portato mostre, distruzione e paura.

Se anticamente l’occupazione della Cecenia da parte dei russi poteva essere ascritta a motivi politici e religiosi, oggi le ragioni che ostacolano l’indipendenza del territorio sono di natura prettamente economica, in quanto la Cecenia è ricca di giacimenti di petrolio e gas naturali, estratti ed esportati dal governo centrale che dà soltanto una piccola parte dei proventi alla regione.

Ma andiamo con ordine. La prima traccia della presenza di soldati russi in territorio ceceno riscontra nel 1577 quando i cosacchi si stabilirono nella regione del Terek. Parte dell’impero russo dal 1783, anche se con periodiche ribellioni, Cecenia ed Inguscezia furono inglobate nella Repubblica Autonoma Socialista Sovietica Ceceno-Inguscia alla nascita dell’Unione Sovietica. Prima alleati dei bolscevichi, durante la Seconda guerra mondiale i ceceni i russi sperando di approfittare dell’impegno dell’esercito sovietico su altri fronti per ottenere l’indipendenza, ma la ribellione pagarono con l’esilio e la prigionia nei gulag, che terminò soltanto nel 1957.

Nel 1991, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, in Cecenia nacque un movimento indipendentista che entrò in conflitto con la Russia, non disposta a riconoscere la secessione della regione. Doopo cinque anni di scontri tra i ribelli ceceni e le armate russe, nel 1996 si pervenne a un accordo che sancì il cessate il fuoco a Chasavjurt, in Daghestan, e portò nel 1997 alla firma di un trattato di pace che prevedeva che le truppe russe sgombrassero la Cecenia e la capitale Grozny, anche se non si parlò di indipendenza. Alla fine della prima guerra russo-cecena (1991-96) venne eletto come primo Presidente della Cecenia Aslan Maskhadov, il comandante delle forze ribelli che firmò con il generale Aleksandr Lebed la tregua con le forze armate russe.

Il conflitto tornò a divampare nel 1999, annullando di fatto il trattato esistente, dando inizio alla seconda guerra cecena. L’esercito russo cercò di fatto di cancellare l’etnia cecena, di religione musulmana, ma gli indipendentisti non stettero a guardare e perpetrarono numerose azioni sanguinose ai danni delle forze armate, di rappresentanti politici e anche di civili. Tra le stragi più crudeli si ricorda quella di Beslan dove, il 1 settembre 2004, un gruppo di 32 ribelli ceceni e fondamentalisti islamici occuparono una scuola sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, fu l’inizio di un massacro che causò la morte di centinaia di persone, fra cui 186 bambini, ed oltre 700 feriti.

Attualmente la guerra non sta attraversando una fase attiva, ma ha provocato più di 250 mila vittime (su neanche un milione di ceceni) e oltre 200 mila profughi ancora sparsi per il mondo. Il nuovo presidente ceceno, Ramzan Kadyrov, figlio di Akhmad Kadyrov ucciso nel 2004, sta cercando di far rivivere la grandezza del padre dando un’immagine di serenità e spesso anche di benessere nella capitale Grozny. Ma la Cecenia è lungi dall’essere quel paradiso ricostruito che il presidente si affanna a promuovere.

Se da Grozny sono scomparsi i segni della guerra, questi permangono appena girato l’angolo. La disoccupazione e l’inadeguatezza del sistema sanitario sono solo due delle ferite lasciate da vent’anni di conflitto. Un’altra è rintracciabile nella spinta islamista voluta da Kadyrov. Nelle scuole il confine tra storia ed educazione religiosa si è fatto molto labile e gli insegnanti sono stati richiamati direttamente dalle madrasa, le scuole islamiche. Inoltre, si incoraggiano la poligamia e il delitto d’onore.

Ma a farla da padrone, in tutta la Cecenia e anche a Grozny, è la paura, dovuta non solo agli attacchi terroristici di matrice islamica o all’elevata criminalità nelle zone meno controllate, ma anche alla possibilità di incappare nelle macchine targate “KAD”, che sta per “kadyrovtsy”, i membri delle fedelissime milizie armate del presidente pronti a eliminare tutti i sospetti oppositori.

Piera Vincenti

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