Eugenio Finardi: Fibrillante, la recensione del nuovo album

A sedici anni dal suo ultimo disco di inediti, il cantautore Eugenio Finardi torna con un nuovo e incredibile album. È da poco nei negozi e si intitola Fibrillante, un lavoro che sin dalle prime note, e parole, richiama le atmosfere di lotta degli anni Settanta. Sì, perché anche se lo scenario è cambiato, il bluesman milanese sembra puntare l’accento sulla necessità di dire le cose come stanno, di battersi ancora per un mondo migliore. Il tutto a suon di musica rock, impreziosita per l’occasione anche dalla presenza di numerosi ospiti d’eccezione: oltre a poter vantare come produttore Max Casacci dei Subsonica, Fibrillante conta infatti sulla collaborazione di artisti come Manuel Agnelli degli Afterhours, i Perturbazione, l’ex PFM Vittorio Cosma e Patrizio Fariselli degli Area.

Un disco che sin dal primo ascolto non può fare a meno che catturare e che un po’ alla volta svela storie di attualità, racconta di persone semplici e delle loro difficoltà, lancia forti critiche alla contemporaneità. La rabbia e la protesta sono chiaramente percepibili in pezzi come Cadere Sognare, al centro del quale c’è la storia di un uomo che anno dopo anno ha saputo mettere tutti i tasselli del puzzle per una vita normale, giusta, fino al momento in cui il suo mondo sembra crollare. «Credevo anche di esser fortunato – canta Finardi – Ma poi un giorno mi ha chiamato il capo. Mi ha detto l’azienda ha delocalizzato. Mi dispiace ma sei licenziato». Un dramma di un uomo che è il dramma di molti che, come lui, affrontano la difficile ricerca, in età avanzata, di un posto di lavoro che nessuno vuole dare loro. Una rabbia che sale, fino al duro e diretto J’accuse del cantante: «ideologi cresciuti alla Bocconi, il vostro liberismo mi ha ammazzato, di ogni mio sogno derubato, ormai anche mia moglie mi ha lasciato». E sono sempre i sogni infranti a tornare anche nel brano Come Savonarola: «il mondo che sognavo e tutto ciò per cui lottavo ora sembra inutile. Hanno vinto – continua Finardi – i culi stanchi, gli arrivisti, gli arroganti, che più falsi non ce n’è. Urlo alla luna e al sole le mie inutili parole, che nessuno sta ad ascoltare. E allora ho voglia di bruciare, gridando a squarciagola come Savonarola».

fibrillante

Un disco, quindi, che si legge come un libro, che racconta storie di vita quotidiana: c’è l’instabilità e l’incertezza di chi, come in Aspettando, ha «bisogno di rispetto, di pace e tranquillità. Del calore di un affetto e di un po’ di serenità. Di avere un ruolo e un posto nella società. Sicurezza nel futuro». C’è poi l’amara poesia di un padre rimasto senza soldi e che ogni giorno, per vergogna, scruta la figlia da lontano, all’uscita di scuola. «Lei pensa che io sia in Africa – dice Franco, protagonista del brano La storia di Francoa combattere la povertà. E infatti la combatto, ma la mia guerra è qua».

Ci sono, infine, le strofe parlate di Me ne vado, in cui il boom economico e il benessere del dopoguerra lascia progressivamente il posto alle politiche di Reagan e Thatcher, alle crescenti disparità sociali, alla lobby delle banche, alla crisi del lavoro, il tutto intervallato dal canto me ne vado e da sonorità a volte quasi elettroniche, altre squisitamente jazz. Ma il disco non è soltanto critica e rabbia. È anche la quotidianità di una vecchia coppia di coniugi, dolce ballata dal titolo Lei s’illumina. È un canto per le donne (Le donne piangono in macchina), che piangono in silenzio, poi si asciugano le lacrime e tornano alle loro occupazioni con un sorriso. È, infine, un’esperienza vissuta dallo stesso cantautore: con il cuore in fibrillazione e ricoverano in ospedale, Finardi ha trovato l’ispirazione per il pezzo che dà il titolo all’album e, possiamo dirlo, per un disco sorprendente.

Valentina Sala

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto