Cocaina, ecco come e perché danneggia il cervello

Policlinico Gemelli
Policlinico Gemelli

Alcuni ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore-Policlinico Gemelli di Roma, insieme con colleghi dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, hanno scoperto in che modo la cocaina esercita, in animali da laboratorio, i suoi danni sul cervello ed evidenziato la possibilità di prevenire le disfunzioni neuronali e comportamentali causate dall’abuso di cocaina.

Coordinata da Marcello D’Ascenzo e Claudio Grassi dell’Istituto di Fisiologia Umana dell’Università Cattolica di Roma, la ricerca, finanziata dall’Istituto Italiano di Tecnologia, è stata appena pubblicata sulla rivista Brain.

I ricercatori hanno scoperto che alla base dei danni cerebrali causati dalla cocaina c’è un’alterazione della funzione delle sinapsi, i ponti di comunicazione tra i neuroni. Tale alterazione è dovuta alla diminuzione della concentrazione di una piccola molecola, la D-serina, indispensabile per assicurare una corretta comunicazione tra i neuroni a livello delle sinapsi.

«Sebbene siano necessarie ulteriori indagini, i risultati di questo studio potrebbero rappresentare un punto di partenza verso il possibile impiego della D-serina come farmaco nel trattamento della dipendenza da cocaina», spiegano gli autori dello studio.

L’abuso e la dipendenza da sostanze psicostimolanti come la cocaina costituiscono un importante problema socio-sanitario per il nostro Paese. Secondo recenti indagini epidemiologiche (2010) circa il 4,8 per cento della popolazione italiana di età compresa tra 15-64 anni ha provato ad assumere cocaina almeno una volta nella vita, mentre lo 0,9 per cento ammette di averne consumata anche nel corso dell’ultimo anno. L’abuso di cocaina si associa a una serie di alterazioni comportamentali tra cui la ricerca compulsiva della droga e l’elevata suscettibilità alla ricaduta anche dopo lunghi periodi di astinenza.

«Abbiamo dimostrato che l’abuso cronico di cocaina induce, in animali da esperimento, una diminuzione della concentrazione di D-serina nel nucleus accumbens, un nucleo cerebrale coinvolto nei fenomeni di dipendenza da sostanze psicostimolanti», spiega D’Ascenzo. «Tale deficit molecolare – continua il fisiologo della Cattolica – determina, in questa area cerebrale, una ridotta capacità dei neuroni di modificare l’efficienza della trasmissione sinaptica (plasticità sinaptica) che è alla base delle alterazioni comportamentali indotte dalla cocaina».

L’équipe di D’Ascenzo e Grassi (costituita dai ricercatori Livia Curcio, Maria Vittoria Podda, Lucia Leone, Roberto Piacentini e Alessia Mastrodonato) ha inoltre dimostrato che la somministrazione “locale” di D-serina a livello nel nucleus accumbens previene, nei ratti, lo sviluppo di una caratteristica alterazione comportamentale indotta dalla cocaina, ovvero la sensibilizzazione locomotoria (processo per cui si determina un aumento progressivo e permanente dell’attività motoria).

Questa ricerca, pur preliminare, fa luce sui meccanismi attraverso i quali la cocaina altera le funzioni cerebrali e indica una possibile via terapeutica per il trattamento della dipendenza da cocaina.

 

 

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