L’OUTFIT DELLA ZINGARA LUNA

© Crico

È così quando agli occhi della gente brilli, tu sarai sempre giusto anche quando inciampi nei tuoi vizi. Sono solo, come sempre e come piace a me a quest’ora. Scrivo in camicia. Guardo la luna mentre ho voglia di sognare e mi accorgo che da domani il cielo oscurerà la sua regina e nostra ispiratrice. E si entrerà nel mese di copertura, lo chiamo io. La luna è stata simbolo di bellezza, amore, malinconia e magia nera. Penso alla luna e la sua faccia compare su un tessuto viola su cui è ricamata color oro. La luna è zingara, dico. Noi, siamo zingari. Credo che zingaro è colui che trova casa in un dettaglio. Sono uno zingaro, un nomade alla ricerca di casa mia, dove io devo stare. Mi ritrovo in un mercato pieno di gente che stranamente corre. Sento i mille pensieri che le signore hanno in testa mentre vagano tra le bancarelle. Io vado al mercato per cercare me stesso e la mia arte. Non guardo mai le forme ma osservo gli elementi tutti insieme. Mischiati, uno sovrapposto all’altro. Voci di ragazzi pronti a vendere la loro moda. Tra la gente, signore che brillano tra i colori fluo del 2012, ognuna abbinata a dovere e tutte diverse tra loro. Mi fermo e vedo una ragazza, credo della mia età. La vedo con una bambina in braccio; entrambe sorridono. Lei: canotta bianca, aderente alle curve, e sopra una maxi canotta, da lei personalizzata a monospalla, verde fluo. Abbinato uno short stesso colore della monospalla e sandali alla schiava in cuoio ricamato di perline colorate di azzurro. Bella mamma con poco gusto nel vestire, penso. Mi giro e vedo, ancora, una ragazza non molto alta, capelli neri corti, vestita mini figlia degli anni ’60, minimal negli accessori solo un enorme anello di pietra nera sull’indice sinistro. Un’agenda tra le mani e un cellulare a cui non smette di sorridere. Continuo a osservarla, lo so, il mio istinto mi dice che le aspetta una piacevole serata. Incredula ma felice ho deciso di vestirla con la mia logorroica mente. Mi guardo intorno e oltre alle colorate signore dagli specchi in bianco e nero, vedo tavoli pieni di capi vissuti non vintage. Dopo qualche girotondo su me stesso, vedo in alto una camicia, taglio maschile, leggera al vento perciò di sicuro fatta di un cotone sottile, sfondo rosa antico tendente al lilla, con bottoni di tessuto come il richiamo delle strisce sul colletto arancio. Le abbino un chinos maschile, lo stesso dei mariti imprenditori delle signore del mercato. Conosco imprenditori di moda che sono partiti dal pennarello nero sul cartone dei jeans come segna prezzo. Ognuno rispetti le proprie origini, penso. Ricostruisco l’Outfit della mia musa: chinos color ghiaccio arrotolato sulle caviglie, con ai piedi sandali con cinture di cuoio dal plateau alto, made in Cina, della Padrona al mio fianco. Libera senza borsa ma il mio amico Nero a strisce Rosso, Verde e Giallo ha in mano delle collane reduci dal mare. Oltre ai favolosi bracciali di Osso, noto una collana, finto argento, con un teschio come ciondolo, argento invecchiato anche l’accessorio in perfetta combinazione con l’anello usato già dalla dea. Finito l’outfit platonico, noto che la camicia manca di personalità, messa a caso nei pantaloni rende pesante e inesistente il seno. Fortuna, dall’amico dei materiali tra arnesi per la campagna e cacciaviti per le macchine trovo una forbice. Taglio una striscia tra la cucitura della manica fino a 5 cm dal collo. Lo stesso da entrambe le parti. La guardo! Manca ancora qualcosa per renderla perfettamente femmina; riduco così la manica sinistra fino al gomito lasciando il basico polsino, però. È perfetta. Ora è pronta all’occhio onestamente femminile delle sue amiche. Mi incanto. Credo si chiama Luna, Lei che per l’ennesima volta è stata la mia Maestra ispiratrice. La guardo mentre le nuvole nere, in movimento come un enorme mantello pian piano la fanno scomparire dai miei colorati occhi. Buona serata, le dico.

Crico

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