Briciole, storia di un’anoressia

Questa recensione è stata pubblicata anche sul sito della Feltrinelli

“[…] Mangiare mi aveva sempre dato gusto. Panna montata e ghiaccioli, ma anche tortellini, patatine fritte e cioccolata. Una bambina vivace. Poi un’adolescente allegra e sportiva. È a metà della crescita che ho dovuto rovinare una vita bella, dunque tranquilla, dunque noiosa. Così la vedeva un cervello che era troppo cupo, senza motivi, per occhi troppo accesi. […] Gambe lunghe, ma non magre. Non a sufficienza per me che soltanto scheletrica pensavo che avrei potuto avere il mondo ai miei piedi. E a pensarci ora non mi sarebbe nemmeno bastato.[….]” Questa è la voce dolce, malinconica e a tratti dura, amara di Elena, la protagonista di Briciole. Storia di un’anoressia, il libro di Alessandra Arachi. Ogni pagina descrive il percorso psicologico di una mente imprigionata nei riti spasmodici e negli atteggiamenti compulsivi dell’anoressia. La vita di Elena non è più vita. A spingerla nel baratro della morte è la tormentosa compensazione di una esistenza vissuta per soddisfare i bisogni altrui. “[…]Tornata a Roma ci pensò la bilancia a capovolgere la mia malattia, se non proprio la vita. La bilancia del bagno di casa segnava infatti molto meno di quella della farmacia al mare,. Non so dire per quale motivo ebbi un sussulto, ma guardare l’ago della bilancia oscillare intorno ai trenta chilogrammi suscitò in me un misto di gioia, soddisfazione, paura. […] “Devo guarire”, dissi piangendo a mia madre che non seppe resistere a seguirmi nelle lacrime. E non mentivo. Ma ormai era troppo tardi. In quei cinque mesi avevo costruito una logica autonoma per la mia nuova vita: per guarire potevo anche mangiare, ma non ingrassare. Non c’era che una soluzione a questo paradosso, l’unica soluzione che conoscevo, il vomito. [….]” Elena svuota il suo stomaco dalle angosce…dalla mancanza di amore. E sarà proprio una forte emozione a farle riprendere fiato e a spronarla a ricominciare a vivere. L’amore scuote l’animo ed è capace di sconfiggere le patologie più gravi. Senza l’amore la vita non è viva…senza l’amore non vi è speranza né vi sono forti obiettivi e… a volte è proprio la morte a farci prendere coscienza di quanto è speciale la nostra vita e di quanto essa non va sprecata. Elena, infatti, riuscirà a ritrovare il gusto del cibo grazie alla scomparsa del suo più caro amico. Le “pastorelle” alla crema – divorate un tempo con foga – adesso vengono assaporate con la gioia di chi ha compreso che non si vive solo per gli altri, ma anche per se stessi… Maria Ianniciello

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