Cibo, salute e Ayurveda: intervista a Nina Gigante

Cibo è salute ma è anche cultura, storia, viaggio. Gli alimenti ci danno l’opportunità di essere parte integrante di questo moto perpetuo che definiamo Vita. E allora per approfondire questo legame tra nutrizione e benessere, ho intervistato Nina Gigante, una delle autrici del portale romeoejulienne.com. Nina si è trasferita a Londra, dove oggi vive, tornando così sui banchi di scuola. Oltremanica ha frequentato i Masterclass in Food Writing del Guardian e ha conseguito il diploma come Holistic Nutritionist, Health Coach e Wholefood cook presso l’International Macrobiotic School. L’ho conosciuta attraverso i suoi articoli pubblicati su diverse riviste italiane, come Riza Psicosomatica e Donna Moderna. Le ho posto alcune domande sul cibo, sull’Ayurveda e su come mantenere il corpo in uno stato di salute. Ecco cosa mi ha detto.

Che cosa rappresenta per Lei il cibo?
Nutrimento, senza dubbio, anche emotivo. E poi racconto, storia. Non mi interessano mai le ricette in sé, ma la storia che è dietro quei piatti, dietro quei cibi. La Bibbia stessa, il racconto dei racconti, nasce con una mela rubata in un giardino e la narrazione, nella vita come nei romanzi, fiorisce volentieri attorno a una tavola imbandita. Il mio primo libro, Romeo&Julienne, nasce proprio da questo colpo di fulmine tra letteratura e cibo, con un volo nel mondo dei social network, le forme di racconto e narrazione contemporanee. Da quando ho cominciato a studiare Medicine Orientali, però, il cibo ha assunto un valore inaspettato: può essere lo strumento attraverso cui tornare a me stessa, come ho cercato di spiegare qui. Forse, il regalo più grande di tutti questi anni di studio.

Che cos’è l’Ayurveda?
In Sanscrito, Ayur vuol dire “vita, intesa sia come “longevità” che come “vita quotidiana” , mentre Veda è la “conoscenza”. Ayurveda, quindi, vuol dire alla lettera “conoscenza della vita (per vivere più a lungo)” ed è il più antico sistema medico al mondo, nato in India e trasmesso oralmente per secoli prima di essere decodificato su carta (attorno al 450 a. C.). Pare che risalga addirittura al 5000 a.C. Per sistema medico bisogna intendere un sistema di prevenzione e non solo cura delle malattie, basato su un approccio olistico che non tiene conto solo della condizione patologica momentanea, ma del paziente nella sua interezza di corpo e psiche. In altre parole, l’Ayurveda, come la Macrobiotica e la Medicina Cinese, le altre due grandi Medicine Orientali, non si limita a curare il disturbo in sé, come siamo abituati a fare con la medicina allopatica quando, per esempio, prendiamo un antidolorifico per un mal di testa, ma cerca sempre di fare un passo indietro fino all’origine di quel disturbo, cercandone la causa tra squilibri fisici e/o emotivi. Se, per esempio, non riusciamo a digerire il glutine, cosa ultimamente molto diffusa, un pratictioner ayurvedico non attribuisce il problema a quella sostanza, ma si chiede cosa abbia indebolito l’agni del paziente – il fuoco digestivo, la base della buona salute per l’Ayurveda – fino a rendergli impossibile digerire quel cibo. E lavora quindi, insieme al paziente, per riportare lo Stomaco alla sua funzionalità normale. Scoprendo, spesso, che il sintomo è fisico, e i dolori concreti e reali, ma non è detto che lo sia anche la causa, che specie con i disturbi digestivi, è frequentemente di natura emotiva.

Nina Gigante

Qual è il legame tra Ayurveda e alimentazione?
Fortissimo, anche se mi sento di dire che, tra le Medicine Orientali, è la Macrobiotica quella che “cura con il cibo” o, per dirla con Ippocrate, il padre della Medicina Occidentale (ancora oggi i nostri medici giurano sul Giuramento d’Ippocrate!) crede maggiormente nel motto “Fa’ che il tuo cibo sia la tua medicina”. Anche per l’Ayurveda il cibo è alla base della cura e della prevenzione – ci sono cibi più o meno indicati per la costituzione di ognuno di noi, classificata in tre grandi categorie o Doshas (Vata, Pitta, Kapha), e, all’interno di queste, cibi da accentuare o evitare a seconda dei sintomi, della stagione e del clima in cui viviamo – , ma non vanno dimenticate le altre pratiche, vera e propria parte integrante della terapia. La meditazione, l’applicazione di olii all’interno e all’esterno del corpo, i massaggi, i rituali quotidiani di purificazione e, naturalmente, lo yoga.

Cibo e salute. Il legame si fa sempre più forte. Perché è così importante nutrirsi bene seguendo i ritmi della natura?
Perché, anche se viviamo dentro palazzi di cemento in città di cemento, se possiamo acquistare anguria e fragole a Natale e carciofi a Ferragosto, se siamo così disconnessi dalla natura che alcuni bambini possono non distinguere una patata da un pomodoro perché ne hanno sempre e solo mangiati di preconfezionati (guardate il video di Jamie Oliver qui), noi siamo Natura. Io dico sempre che noi pensiamo di essere la nostra mente e di avere un corpo, mentre invece è il contrario: siamo il nostro corpo e abbiamo una mente. Siamo “scimmie nude”, appunto. E il corpo soffre quando lo costringiamo dentro ritmi innaturali, giornate alla scrivania senza fare un passo, cibi poveri di nutrienti e ricchi di conservanti, aria satura di schifezze che finisce nei nostri polmoni e “nutre” le nostre cellule. Proprio l’Ayurveda insegna che l’uomo è un microcosmo, specchio del macrocosmo naturale che abbiamo fuori di noi, e, dunque, che abbiamo dentro di noi tutta la saggezza per poter praticare “Self-Healing”, l’autoguarigione: per rifiorire proprio come fa un albero a primavera. Il mio scopo, come studiosa di Medicine Orientali e terapista alimentare olistica, è, infatti, non quello di darti un sonnifero per tornare a dormire, ma di capire perché non dormi più e di aiutare il tuo corpo a tornare in quello stato di equilibrio in cui dormiva benissimo. Quello di AIUTARTI a riportare il tuo corpo allo stato “neutro”, di equilibrio, quello in cui ti senti bene e sei felice e piena, insomma, pienamente te stessa, in armonia con te stessa e con quello che ti circonda. E lo faccio senza medicine ma usando, come unica medicina, il tuo cibo, riportandolo in armonia con la natura dentro di te (le stagioni della tua vita, quello che hai attraversato e che stai attraversando adesso) e con la Natura fuori di te, secondo un principio di stagionalità degli ingredienti e di Food Energetics, “l’energia del cibo”, uno degli strumenti terapeutici più affascinanti della macrobiotica.

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In linea di massima come cominciare bene la giornata dal punto di vista alimentare? Un consiglio per i nostri lettori.
Ovviamente, dipende dalla condizione di ognuno. In generale, comunque, stiracchiarsi e sgranchirsi, proprio come fa un gatto ogni volta che si muove dalla posizione in cui è stato accoccolato, è fondamentale per rimettere in movimento la linfa e far scorrere l’energia vitale dentro i nostri meridiani. Bastano pochi movimenti, pochi allungamenti o torsioni e vi sentirete subito meglio. Poi, un bicchiere di acqua a temperatura ambiente con succo di limone e zenzero, o un bell’estratto verde per svegliare l’energia di Fegato e dare avvio alla giornata con positività e voglia di fare. In particolare, se volete provare a eliminare un po’ di tossine accumulate in inverno e fare qualche giorno di detox da caffè in vista della primavera, un succo verde o uno smoothie (80% verdura, 20% frutta), magari con un cucchiaino di tè verde Matcha, vi darà un pieno di energia tale da non farvi sentire – provare per credere – nessuna nostalgia del caffè.

Qual è la Sua idea sulla carne? E` necessario eliminarla del tutto?
Una bistecca di carne da 100 g contiene quasi 20 g di proteine nobili: rappresenta, cioè, un modo facile e veloce di assicurarci dei nutrienti fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo. Ma non dimentichiamo che insieme a proteine e ferro (il baluardo dei paladini della necessità del consumo di carne), la carne che mangiamo oggi è molto carica di grassi saturi, colesterolo e anti-nutrienti, accresciuti dalle condizioni disumane in cui vengono allevate le bestie negli allevamenti industriali, anche Italiani. Su Donna Moderna con cui collaboro, mi sono appena occupata di un interessantissimo libro-inchiesta sullo stato degli allevamenti italiani, Tritacarne di Giulia Innocenzi (il link in basso, ndr). Vi invito a leggerlo e decidere voi stessi. Inoltre, in pochissimi sanno che in un piatto di legumi e cerali fornisce ben 18 grammi di proteine e che, per fare il pieno di ferro, possiamo attingere a piene mani dal mondo vegetale, perché i legumi secchi, i cereali e le verdure a foglia verde, insieme a spezie e frutta secca, ne sono ricchissimi. Inoltre, energeticamente, la carne è un alimento estremo e molto contrattivo (yang, si direbbe in macrobiotica), che sbilancia il nostro equilibrio facendoci immediatamente desiderare un cibo altrettanto estremo, ma dall’altro lato dello spettro. Vi siete mai chiesti perché, con un hamburger, abbiamo immediatamente bisogno di birra (yin) o perché dopo una colazione a base di bacon (yang) gli inglesi non riescano a rinunciare al succo d’arancia (yin)? E’ il corpo, che, nel suo tentativo di recuperare un equilibrio, ci sballottola da un estremo all’altro. Vi invito a chiedervi: sentite lo stesso desiderio incontenibile di birra dopo un piatto di pasta e ceci o dopo un’insalata di riso e verdure? Io non mangio carne né salumi. Ho 34 anni e ho smesso a 17. Non credo sia necessario mangiarla per sopravvivere, soprattutto nel mondo occidentale in cui magari corriamo il rischio di morire di malattie legate all’eccesso di cibo, ma non di certo di fame. È importante, però, capire come sostituirla quando si decide di non mangiarne, cosa che, in realtà, bisognerebbe fare sempre quando si tagliano fuori dalla propria dieta quotidiana interi gruppi alimentari. La nostra alimentazione è la base del nostro equilibrio psicofisico e quest’ultimo sarà tanto più solido quanto più ci alimentiamo in modo corretto per noi stessi in modo corretto e vario. Per esempio, io ho reintrodotto il pesce da qualche anno. Per un periodo ho provato a seguire una dieta vegana, ma ho capito che non faceva per me.

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E gli altri alimenti di origine animale?
Io credo che sia possibile vivere seguendo una filosofia vegana, ovvero non assumendo nessun alimento di origine animale, inclusi i derivati come latte e uova. È un argomento che mi sta molto a cuore, perché le sofferenze delle mucche da latte, per esempio, non sono meno atroci di quelle destinate ai macelli, purtroppo, e le condizioni in cui vivono le galline ovaiole negli allevamenti industriali non sono meno raccapriccianti di quelle destinate a diventare petti e cosce di pollo. A 17 anni, con un collettivo animalista, sono entrata di notte in un allevamento
intensivo di polli: dalla mattina dopo non sono mai più riuscita a mangiare carne. Non l’ho scelto: semplicemente non credo di aver mai provato tanto disgusto, né aver mai visto tanta violenza e tanto orrore. Nutro, quindi, una profonda e sincera stima per chi diventa consapevole della propria alimentazione fino a fare questa scelta di amore verso gli animali. Ma attenzione: ci tengo a sottolineare la parola CONSAPEVOLEZZA. Bisogna, infatti, aggiungere un’importantissima serie di postille. Innanzitutto, non credo che tutti possano adottare una dieta vegana. Ognuno di noi è diverso e lo sono anche i suoi bisogni nutrizionali. Ho assistito a molti casi di pazienti che avevano fatto questa scelta seguendo la testa e non il linguaggio del loro corpo che, invece, soffriva questa decisione come una rinuncia faticosa, arrivando a manifestare sintomi e malesseri che, inascoltati, si sono poi cronicizzati. Con questo – e ci tengo a ripeterlo, a scanso di equivoci o possibili fraintendimenti – non intendo dire che la dieta vegana non sia possibile, ma che bisogna stare molto attenti e che, come in ogni cosa che concerne la nostra salute, bisogna essere scrupolosi e, appunto, consapevoli. Il pesce o i derivati animali possono essere una fonte importante e “facile” per raggiungere il nostro fabbisogno proteico giornaliero: certo, esistono anche le proteine verdi (soia, legumi, cereali, verdure) ma bisogna sapere come combinare tra loro per poterle assimilare al massimo e non incorrere in deficit proteici. Passando a una dieta vegana, quindi, bisogna mettere in conto di studiare un po’ di nutrizione (o farsi guidare, almeno agli inizi) e passare un po’ più di tempo in cucina. Tuttavia, se non è possibile a tutti diventare vegani, è invece possibile a tutti diventare consumatori consapevoli: comprare cosmetici e prodotti per la casa non testati sugli animali, uova di “galline felici” (bio e allevate all’aperto), pesce pescato in modo sostenibile. Perché, come diceva Jacopo Fo, “ai nostri giorni, la rivoluzione non si fa con lo scontro, ma con lo scontrino”.

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