Real Time, Il Boss delle cerimonie in onda tra le polemiche

real-time-il-boss-delle-cerimonieIn qualità di napoletana doc sono stata chiamata ad esprimere un parere nei riguardi de “Il boss delle cerimonie”, il nuovo docu-reality targato Real Time. Del programma ambientato tra le mura del Grand Hotel La Sonrisa di Sant’Antonio Abate non sapevo granchè ma, una serie di infinite polemiche e tentativi di boicottaggio, nonché la proliferazione di gruppi, creati su Facebook, che inneggiavano, indignati, alla chiusura del programma, mi hanno spinto a scoprire il perché di tanto clamore. Francamente mi è parso subito evidente che l’intento del programma è spacciare la fiera del kitsch per un fedele spaccato dei valori e della tradizione matrimoniale partenopea. Niente di più sbagliato, la mente mi ha subito riportato ad un programma simile, intitolato “Il mio grosso grasso matrimonio Gispy”.

Prima di approfondire i dettagli dei contenuti del programma, vorrei innanzitutto soffermarmi sul fatto che il proprietario del “castello”, il signor Antonio Polesi, viene ripetutamente chiamato boss, un appellativo che rimanda chiaramente al linguaggio di stampo mafioso e quindi, di per sé, offensivo. Questo signore siede su una specie di trono, ha una gigantografia, dell’ormai defunto, Mario Merola, appesa in una cornice placcata d’oro, e ha una famiglia molto numerosa che, un’ “amabile” voce fuoricampo, descrive come la composizione di un indecifrato numero di figli e nipoti, in pratica il protagonista del programma è la caricatura di sè stesso.

il-trionfo-della-cafonaggineLa sigla dello show, poi, è anch’essa tutta un programma: il brano s’intitola “Nu’matrimonio napulitano” del cantante neomelodico Daniele Bianco e, anche in questo caso, si tratta di un mero tentativo di generalizzazione. Sia chiaro, non ho alcuna intenzione di ergermi a maestro di buon gusto e di eccellenza ma, in questo programma, i protagonisti degli episodi trasmessi fino ad oggi non possono essere presi come esempio. Si tratta di famiglie con gusti, esigenze e mentalità fuori dall’ordinario, inneggiano allo spreco del cibo, amano che drag queen e ballerine seminude intrattengano gli ospiti fino a tarda notte e pretendono che il festeggiamento del matrimonio sia un evento memorabile, nel bene e nel male. Ciò detto, è mio dovere ammettere che alcuni elementi rispecchiano, in effetti, delle cose vere: a Napoli, ma forse in tutto il Sud Italia, il matrimonio è l’occasione in cui anche chi non può permetterselo s’indebita fino ai capelli per una cerimonia sfarzosa e all’altezza delle aspettative delle centinaia di persone che vi sono invitate. Gli ospiti, a loro volta, si sentono in dovere di spendere migliaia di euro per ingioiellarsi ed acquistare abiti improponibili, rigorosamente griffati, senza contare trucco, parrucco, auto splendenti e buste contenenti un “ragionevole” quantitativo di denaro da donare agli sposi. I genitori dei neo coniugi finanziano, nella maggioranza dei casi, l’intera cerimonia e si sentono, per questo, automaticamente in diritto di intervenire su qualsiasi questione relativa ai preparativi ed ai festeggiamenti. La famiglia è quasi una tribù, diritti, regole e tradizioni vanno rigorosamente rispettate: levataccia all’alba per la sposa per la rituale trasformazione, la sfilata nel quartiere, rigorosamente addobbato per l’occasione per lasciarsi ammirare dai vicini pettegoli, le foto ricordo, un ritardo di un paio d’ore al ricevimento e quintali di ottimo cibo sui tavoli.

In sintesi “Il boss delle cerimonie” è una trasmissione di puro intrattenimento che fornirà una notevole mole di materiale di cui sparlare e che forse renderà fieri di loro stessi i protagonisti, ed il loro ego, ma per chi, come me, conosce la vera essenza dello spirito tradizionale napoletano, rimane la consapevolezza del fatto che non c’è niente di più sbagliato che “fare di tutta l’erba un fascio”.

Raffaella Sbrescia

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