Gli Who: 50 anni di carriera con un album e un tour mondiale

La band agli inizi della carriera
La band agli inizi della carriera

 

Anni Sessanta. Si accende la fiamma di una rivoluzione musicale senza precedenti. Rolling Stones e Beatles la fanno da padroni ma, a bussare alla porta del successo, si presenta anche un’altra band, innovativa, esplosiva e destinata a lasciare il segno nel firmamento del rock mondiale: gli Who. Dalla loro prima apparizione in pubblico, nel lontano 1964, sono ormai trascorsi 50 anni, 100 milioni di dischi venduti, 27 singoli nei primi 40 posti in classifica, 17 album in top ten. Mezzo secolo durante il quale gli inglesi Pete Townshend, Roger Daltrey, John Entwistle e Keith Moon hanno confezionato brani capolavoro, frutto di una ricerca musicale intensa, insaziabile e che trova terreno fertile anche in ambito teatrale e cinematografico. Artisti a tutto tondo, affamati di curiosità e assetati di sperimentazione. Sempre.

La band agli inizi della carriera
La band agli inizi della carriera

Oggi, di quei quattro ventenni che hanno rivoluzionato l’arte delle sette note con il loro rock progressive, e influenzato gruppi come Oasis, Blur, Led Zeppelin e ispirato il punk di Sex Pistols, Ramones e Green Day, ne sono rimasti soltanto due, Townshed e Daltrey, con qualche acciacco fisico in più, la faccia stropicciata dalla vita ma con il cuore che sanguina e i polsi che tremano dalla voglia di tornare a suonare e a emozionare il pubblico. Forse, anzi, sicuramente è questo il vero motivo che ha spinto i due musicisti a calcare di nuovo la scena. A 70 anni. Ripartire dallo stesso Paese che li ha lanciati e consacrati, l’Inghilterra, per incantare ancora una volta milioni di persone. Festeggiare, con un evento unico, irripetibile, i 50 anni di carriera, non solo nel ricordo di Entwistle e Moon, scomparsi rispettivamente nel 2002 e nel 1978, ma anche e soprattutto con lo sguardo al futuro, proponendo brani inediti e un tour mondiale che partirà alla fine del 2014. Patetici? Presuntuosi? Egoisti? Un ritorno segnato dalla noia e dalla voglia di guadagno facile? Probabile. La moda delle reunion sembra non tramontare. Alcune band tornano dal passato quasi zombieficate, a riproporre musica ammuffita e a barcollare su improbabili palcoscenici. Ma non è il caso degli Who, o di quella metà che ne resta. Perché quando le motivazioni sono forti, quando la passione è la stessa del debutto, quando è la musica che chiama e non puoi dirle no, allora hai il diritto e il dovere di dire ancora la tua.

L’ultima apparizione live degli Who risale al 2012, durante la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di Londra. Anche il 2006 è stato un anno importante, segnato dalla pubblicazione di “Endless Wire”, album sorprendentemente attuale, vivace e di qualità. Un ottimo disco, anche se distante anni luce dai precedenti lavori. Pensiamo, ad esempio, alla produzione artistica della band londinese che va dal 1966 al 1973, la fase più creativa degli Who, dalla quale sono nate opere rock come “Tommy”, “Quadrophenia”, “Lifehouse” e perle quali “A Quick One” e “Who’s Next”. Album che, anche oggi, fanno arrossire di invidia e hanno molto da insegnare a cantanti e musicisti di successo, tanto è alto il livello espresso in essi.

Gli Who oggi
Gli Who oggi

«Compirò 69 anni a maggio e tutti i miei amici sono malati o stanno morendo – ha spiegato Townshend alla stampa inglese – ma qualcosa mi dice che riusciremo a portare a termine quanto promesso. Sarò contento di fare qualcosa che possa rendere felici i nostri fan: abbiamo in mente qualcosa che richiederà una grande pianificazione, ma che ci restituirà qualcosa che potremmo usare per altri progetti futuri». Caro Pete, noi siamo già pronti.

Silvia Marchetti

 

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