Mlalazi racconta lo Gukurahundi attraverso “La Fuga di Rudo”

La recensione e la trama del libro “La fuga di Rudo verso i monti Phezulu”, opera di Christopher Mlalazi.

È la prima volta che leggo un’opera di Christopher Mlalazi, autore, scrittore e drammaturgo dello Zimbabwe, e devo dire che ne sono rimasta piacevolmente colpita.

Il libro di cui parlo si intitola “La fuga di Rudo verso i monti Phezulu” (titolo originale “Running with Mother”) ed è un romanzo che è stato pubblicato nel paese africano nel 2012; l’edizione italiana è a cura della casa editrice “Terre di libri”.

Protagonista e narratrice della vicenda è Rudo, una ragazzina di 14 anni che, mentre torna da scuola insieme alle compagne, in un giorno apparentemente normale, si trova catapultata in un mondo violento e brutale, senza comprenderne le ragioni. La piccola, figlia di una donna shona e di un uomo ndebele, ignora infatti che, da quel momento in poi, avrà inizio il cosiddetto Gukurahundi (“la pioggia che spazza via le stoppie”), ossia un terribile episodio di violenza interetnica che nel 1987 portò al massacro di 20mila civili di etnia ndebele da parte della Quinta brigata, un’unità speciale dell’esercito dello Zimbabwe addestrata nella Corea del Nord e con il compito di reprimere i dissidenti.

Rudo e le amiche vengono fermate da un camion di militari: mentre a lei, di lingua shona, viene ordinato di allontanarsi, le sue amiche, tutte ndebele, sono costrette a spogliarsi. La ragazzina non comprende che le sventurate fanciulle vengono stuprate, e in cuor suo, nel tragitto verso casa, continua a sperare che si siano salvate. Il percorso verso la sua dimora le riserva altre brutali sorprese, di cui la peggiore è vedere il padre umiliato e torturato dai soldati costretto a bruciare la sua stessa casa. La piccola fugge così dal suo villaggio: Rudo non è però sola, insieme a lei ci sono la madre, la zia e un cuginetto di pochi mesi, l’unico sopravvissuto a una terribile strage familiare.

Spettacolari cieli stellati, foreste, animali, fiumi in piena, piogge incessanti e rocce magnifiche fanno da cornice al viaggio della famigliola verso i monti Phezulu, sacri alla memoria degli abitanti dello Zimbabwe perché hanno ospitato i guerriglieri durante la lotta di liberazione dagli inglesi di Ian Smith. In quel luogo la natura è incontaminata e Rudo e i suoi cari forse potranno essere al sicuro, grazie anche al grande spirito di adattamento e al coraggio dimostrati.

L’autore, grazie a uno stile chiaro, asciutto e semplice, è in grado di dare voce alle emozioni di una bambina che racconta tutto il suo dolore interiore, stupita di fronte a una crudeltà così feroce e incomprensibile.

Il lettore riesce così a immergersi totalmente nella vicenda soffrendo insieme a Rudo, meravigliandosi e commuovendosi con lei. Alcuni colpi di scena fanno rimanere con il fiato sospeso, perché è inevitabile affezionarsi a questa coraggiosa bambina, parteggiare per lei e sperare che lei e la sua famiglia riescano a salvarsi.

“La fuga di Rudo verso i monti Phezulu” è senza dubbio un libro ben riuscito in grado di emozionare, istruire e fornire interessanti spunti di riflessione.

La nostra quotidianità, caratterizzata da ritmi frenetici e dalla digitalizzazione, ci porta talvolta a trascurare gli affetti e si tende a perdere il senso della famiglia. A volte, inoltre, pur essendone consapevoli, dimentichiamo che in alcuni Paesi del Mondo la convivenza tra etnie differenti è un problema ancora reale e serio, che il più delle volte sfocia in violenti conflitti.

Il volume, oltre a essere una piacevole lettura, ha rappresentato per me anche un punto di partenza per approfondire e documentarmi sulla storia dello Zimbabwe.

Nulla da aggiungere, Mlalazi ha davvero fatto centro: il libro merita davvero e lo suggerisco anche come possibile pensiero per Natale.

Chiara Bernasconi

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