La donna gelata: recensione del libro di Annie Ernaux

Che cosa accade a una donna quando si sposa? Potrebbe perdere un pezzo importante di sé. Quale? Il proprio cervello. E non è detto che quel cervello sia stato mai valorizzato, perché tutto dipende dal contesto e dal luogo geografico in cui la donna è cresciuta, dalle parole che le sono state dette, spesso figlie della classe sociale di appartenenza, e in secondo luogo forse dalle predisposizioni individuali.

Tutto ciò che accade a una donna quando si sposa è stato descritto in maniera magistrale dal Premio Nobel per la Letteratura 2022, Annie Ernaux in quel capolavoro che è ‘La donna gelata’ (L’Orma editori).  Uscito negli anni Ottanta, il romanzo per me è stato come un pugno allo stomaco, perché nonostante la differenza d’età che mi separa dall’autrice francese (lei è nata nel 1940, io nel 1981) nelle sue parole ho ritrovato il mio canto di sposa.

Dall’inizio del matrimonio ho la sensazione di rincorrere un’uguaglianza che mi sfugge sempre

Quel canto che, subito dopo il matrimonio, ho trattenuto dentro di me perché – cantando ad alta voce una canzone che, pensavo, nessuna persona che conoscevo avrebbe mai voluto ascoltare – sarei stata considerata sciocca, viziata, forse addirittura una pazza da internare.

Io – che ho seguito lo stesso percorso di studi di Annie Ernaux (come me è laureata in Lettere) – subito dopo le nozze, ho avvertito la solitudine e la differenza data dalla mia condizione femminile ma la cosa peggiore è che io non potevo incolpare mio marito.

Lui da me non ha mai preteso nulla, soprattutto non si è mai tirato indietro di fronte alle necessità della famiglia e si prende cura di nostro figlio proprio come faccio io, forse addirittura meglio di me. Eppure quando mi concentravo un po’ di più sulla scrittura e sul mio lavoro intellettuale il senso di colpa per il tempo che stavo sottraendo a lui, alla casa e alla famiglia mi annichiliva bloccando un pochino le mie azioni, a prescindere da quanto guadagnassi. Briciole, mi dovevo forse accontentare delle briciole? 

Allora, proprio come dice di sé l’autrice de La donna gelata, ho fatto a pezzi le mie emozioni.

Ho disdetto viaggi e interviste, annullato impegni importanti, in modo da non sottrarre tempo alla moglie che, mi era stato detto da mio padre, non doveva essere ambiziosa né pretenziosa.

Ritagliarsi del tempo per sé? Figuriamoci!

E a poco a poco ho cercato di conciliare con mille rinunce la scrittura con il ruolo di moglie in cui ero stata incastrata dalle parole castranti e autoritarie che mio padre rivolgeva a mia madre.

la donna gelata recensionee

Ed è stata dura capire che si può amare un uomo senza diventarne succube, è stato difficile comprendere che cucinare non sempre tocca a me e che se lui non vuole farlo e io non ho tempo né voglia possiamo anche andare in una tavola calda o mangiare un panino. Perché non muore nessuno!

E’ stata durissima guardare negli occhi mio marito e non vedere mio padre. Quel padre che ancora oggi, anziché invitarmi ad esprimere i miei talenti e la mia vocazione, mi suggerisce di preparare torte di mele e castagnacci. E la bambina che è in me vorrebbe accontentarlo per ricevere il suo amore. Ma la donna colta e consapevole si ribella e fa bene! Perché io preparo i castagnacci solo se desidero farlo! 

Annie Ernaux, dunque, ha scritto un libro meraviglioso e senza tempo che racconta ciò che molte donne non hanno il coraggio di dirsi. Il romanzo narra un un pezzo della biografia della scrittrice francese ed è uno spaccato su una parte della sua vita molto profondo, esaustivo, che tocca più aspetti del matrimonio inteso come fase di cambiamento e di passaggio dalla spensieratezza alle privazioni che interessano, dice Ernaux, soprattutto le donne.

Nel libro già si intravedono i temi che poi l’autrice affronterà successivamente negli altri suoi libri, come l’ascesa sociale (vista quale riscatto) che la pone suo malgrado, senza nemmeno che se ne accorga, dinanzi alle differenze di genere (e non solo). Differenze che nella famiglia di origine non aveva mai visto, perché la madre era una contadina che si era data al commercio, mentre il padre cucinava e si dedicava all’orto. La scrittura è tagliente, meticolosa in alcuni punti, frettolosa in certe parti come se i pensieri si rincorressero sulle ali del tempo e si temesse di perderli. Eppure ogni parola è adatta, mai esagerata. Lo stile è raffinato. Maria Ianniciello

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