Cosa sarebbe stato Indiana Jones senza Harrison Ford?

Indiana Jones 5: recensione

Chissà cosa sarebbe accaduto a Indiana Jones se Tom Selleck fosse stato scritturato al posto di Harrison Ford per interpretare l’avventuriero professore di archeologia? Mi sono fatta questa domanda più volte guardando Indiana Jones e il quadrante del destino, il quinto film della fortunata serie cinematografica che è diretto per la prima volta da un regista che non è Steven Spielberg.

La regia di Indiana Jones 5 è infatti di James Mangold, un cineasta che si muove in maniera abile tra più generi, da pellicole drammatiche come Ragazze interrotte (1999) al western con Quel treno per Yuma (2007). Il regista e sceneggiatore newyorkese, classe 1963, nel quinto capitolo della saga più famosa di sempre non sbaglia un colpo creando un lungometraggio avvincente e stimolante. Tra inseguimenti, tesori, passaggi temporali e tombe nascoste in quel di Siracusa il film mescola pathos ad argute riflessioni sullo spirito del nostro tempo.

Oggi sembra che non abbiamo più bisogno di talentuosi professori di archeologia e di eroi che senza superpoteri salvano l’umanità grazie alle loro abilità molto umane. Indiana Jones è infatti un eroe a misura d’uomo, ha paura dei serpenti ma bypassa le sue paure coltivando il senso dell’avventura, la curiosità della scoperta, la voglia di conoscere. Ha un’etica profonda. Ama la cultura, la storia e ha memoria del passato per il quale nutre un profondo rispetto.

Harrison Ford era l’attore ideale per interpretare il personaggio di George Lucas. Affascinante ma non bellissimo, con lo sguardo intelligente e il corpo agile ma non muscoloso, il celebre attore ha reso Indiana intramontabile. La storia cinematografica è tuttavia piena di se e di ma, quindi non sappiamo cosa sarebbe accaduto a Indiana senza Ford. Ci vorrebbe una vita alla Sliding Doors per conoscere l’esito di altre scelte, non solo nel Cinema.

Indiana Jones 5. Trama

La macchina da presa di James Mangold ci conduce nel 1944, proprio ad un passo dalla fine della seconda guerra mondiale, con un ringiovanito Ford. Jones viene catturato dai nazisti mentre cerca di proteggere quella che si pensa sia la lancia di Longino. Nel frattempo l’astrofisico Jürgen Voller (Mads Mikkelsen) sostiene di aver trovato un quadrante che consente di viaggiare nel tempo e che fu creato da Archimede. Indiana Jones è su un treno tedesco, lì capisce che la lancia è un falso e trova il quadrante, lo recupera e insieme al collega Basil Shaw (Toby Jones) salta giù dal treno in corsa ma non prima di aver combattuto con i suoi nemici.

Passano 25 anni, siamo nel 1969, proprio il giorno dell’allunaggio quando Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge), figlia di Basil nonché figlioccia di Indiana, fa la sua comparsa. E lì comincia per Jones una nuova e grande avventura…

Un messaggio politico

La pellicola racchiude un messaggio di speranza e di ricerca di senso aprendo tutta una serie di domande filosofiche e politiche. C’è ancora spazio per gli uomini come Indiana Jones nella nostra società dell’apparenza? Quanto conta la cultura e quanto la conoscenza? La tecnica da sola può attutire la nostra angoscia di essere finiti? O c’è bisogno di menti che pensano, che escogitano, che corrono il rischio e che si fanno ispirare dalla curiosità e da valori elevati? La risposta è che sì, c’è ancora tremendamente bisogno di umanisti curiosi e desiderosi di contribuire al bene comune. Ma servono anche ragazzi coraggiosi. La speranza è dunque nei giovanissimi e nelle donne che sanno essere lungimiranti e astute. Almeno questo è quanto mi arriva guardando Indiana Jones 5. Maria Ianniciello

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