Barbara Jodice: fotografa a Benevento

Si discuteva di arte al femminile qualche giorno fa, quella che scruta e scopre oltre ogni guardare, anche nel privato. Pretesto era il volume Case di Napoli, per le edizioni di AdArte, di cui qualcuno mostrava le immagini per provocarmi, sottolineando la capacità di Barbara Jodice di penetrare dove nessuno s’avventura: “Nel Museo del Sannio da te diretto avrebbe individuato chissà cosa, fotografato oltre ogni tua autorizzazione…”. La provocazione in realtà mi sorprese per un motivo diverso, e risposi che a quella fotografa napoletana oggi chiederei piuttosto che cosa vide a Benevento dopo essere stata con me nel museo, perché purtroppo non pensai di pedinarla per le strade della città. Una città famosa per i suoi annuali autunni di teatro. Tratte fuori dai cassetti ed esposte a grande dimensione negli spazi urbani, certe immagini che traducono l’antico in modernità sarebbero scenografia spettacolare per eventi culturali. Quelle create a Benevento da Barbara Jodice, appunto, un tesoretto di bellezza.

Barbara Jodice

Arrivò negli anni novanta, fotografa non ancora di gran nome com’è oggi, però già distante dai modi stilistici di suo padre Mimmo, fotografo geniale. Era una occasione da cogliere. Le mostrai alcuni reperti longobardi appena restaurati, sicuro che ne avrebbe dato interpretazioni originali. Ne realizzò molte, le lasciò al Museo del Sannio.

“Che sia sangue quel colore bruno che vedo sulle armi portate in Italia dai longobardi?” le sussurrai scherzando, e lei, ancora ragazza, ci credette. “Oddio, forse è sangue di beneventani sopraffatti da quegli spietati invasori germanici” rispose, cominciando a fantasticare di cavalieri all’assalto… Non le dissi che il mio era un modo per farle sognare sogni d’artista, con uno scopo ulteriore taciuto. Dalle vetrine selezionò ‘piccole cose’, le compose su pietre bianche brutalizzate dal martello o su superfici lisce cangianti, ne ribaltò forme e significati con una visione densa di vibrazioni estetiche. All’obbiettivo della sua fotocamera diventarono sculture.

Oggi Barbara Jodice illustra in pregiate edizioni d’arte non solo capolavori di musei, racconta di eleganze, moda, artigianato. In Case di Napoli ha svelato i segreti dell’abitare del ceto sociale che a Napoli chiamano ‘posillipino’, assai diverso da quello popolare del Rione Sanità o dei quartieri spagnoli. In dimore esclusive, col golfo partenopeo in vista e lo sfondo del Vesuvio, ha fotografato affreschi e arredi raffinati, dipinti sconosciuti, libri rari dalle legature di pregio, eredità della capitale borbonica. Ma i dettagli che restituisce con colori forti e bagliori emergenti da ombre a me sembrano brividi rimasti in lei dall’impatto con le ‘piccole cose’ beneventane tra cui navigò stregata.

Barbara Jodice

A Benevento fotografò utilizzando la luce naturale, costruì un paesaggio dove entrano in scena speroni di cavalieri, accette di guerrieri e scudi rotondi, dardi da scagliare con mortal precisione, punte di lancia e giavellotti per il colpo decisivo, fibule, croci di ferro, metalli rossicci per l’ossido o per il sangue tuttora da interrogare. E poi duchi e prìncipi ritratti su monete d’oro che furono i dollari dell’Altomedioevo, un leoncino con pupille di piombo, scritture su pergamena e figure primitive, monili di dame aristocratiche, un pettine d’avorio con decori incisi, una crocetta d’oro con serpenti che si rincorrono, anelli, orecchini a filigrane, collane, gioielli, pietre preziose. Una capatina anche in Santa Sofia per lasciarsi incantare dal gesto di San Zaccaria diventato muto, l’affresco dell’abside sinistra. E dopo, da sola per la città, davvero non so cosa che volentieri le… ruberei!

Pubblicate in un volume che intitolai Trame di fotografia, quelle immagini di ‘piccole cose’ tradotte in giganti da Barbara Jodice, in equilibrio tra memorie storiche e visioni d’artista, arrivano ad alterare la percezione relistica delle opere, perché scelsi di non indicarne le vere dimensioni. Era il risultato a cui mirava il mio progetto: stimolare autori di rilievo, quella volta un’autrice, a produrre opere nuove per arricchire le collezioni del Museo del Sannio.

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