Natale al cinema con Big Hero 6, trama e recensione del film

Il Natale targato Disney è all’insegna del supereroe robotico Baymax, operatore sanitario simile al bianco omino dei marshmallows, nell’avvincente e coloratissimo universo fantastico di “Big Hero 6”. La trama e la recensione del film

 

Bih Hero 6Dopo il successo clamoroso di “Frozen”, vincitore anche dell’Oscar come miglior film d’animazione, la Disney ripropone un racconto di formazione, questa volta in chiave sci-fi che adombra, come il nome della location fa intuire, l’Oriente degli anime nipponici e il Levante del cinecomic Marvel. La storia di Hiro Hamada è ambientata, infatti, nell’immaginaria città di San Fransokyo (fusione che unisce San Francisco e Tokyo), ma il trait-d’union d’elezione tra due mondi visionari e due universi culturali è l’estetica videoludica che rimanda ad “Astro boy” quanto a Miyazaki, senza trascurare influenze da “Dragonfly”, “Spiderman”, “Iron Man” e da diversi anime giapponesi. Detto così, sembra quasi che il percorso autoriale degli sceneggiatori della “fabbrica dei sogni” sia passato dal revisionismo del precedente “Frozen” o dalle riscritture fiabesche (“Maleficent”), al citazionismo cyberpunk e nerd; in realtà ci troviamo di fronte alla prima vera e propria rivoluzione 2.0 in casa Disney, grazie ad un’avventura ispirata al fumetto Marvel di fine anni ‘90 creato da Steven T. Seagle e Duncan Rouleau e portata sullo schermo dalla coppia Don Hall/Chris Williams.

Bih Hero6 tramaScommessa più che riuscita. La struttura classica del super-hero movie è asservita ad una narrazione avvincente che contribuisce a rinverdire le derive del cinema young adult sui rapporti d’elezione tra bambini e “diversi”, plasmandosi su una favola post-moderna che sa far volare alto grazie alla profondità introspettiva dei personaggi e ai mirabolanti effetti digitali. La storia, di per sé, non è neanche molto originale, ma è il melting pot stilistico che rende “Big Hero 6” un ibrido affascinante e sopra le righe che mischia fantascienza adulta e sfumature kammerspiel.

Come in una cronaca distopica da un futuro imprecisato, il film ha inizio in un locale malfamato in cui si consumano scommesse illegali sulle sfide tra robot. Il piccolo Hiro Hamada, genietto adolescente con la passione per la robotica, è solito mettersi in gioco in questi pericolosi “Bot Fights” e spesso si caccia in guai grossi, ma il fratello maggiore Tadashi lo salva sempre in extremis. Trascinatolo al San Fransokyo institute of technology per farlo impratichire con le stravaganti invenzioni dei suoi colleghi e spingerlo a diventare uno di loro, Tadashi lo invoglia a partecipare al concorso per poter entrare nella prestigiosa scuola. Qui Hiro stringe amicizia con gli amici di Tadashi e con la più grande invenzione del fratello: Baymax, buffo e panciuto automa gonfiabile programmato per aiutare la gente. Alla vigilia del concorso accade un tremendo incidente e i micro-bot inventati da Hiro per superare il test di ammissione, scompaiono misteriosamente. Di più meglio non svelare, anche perché l’intreccio riserva molte sorprese.

Se nella prima parte “Big Hero 6” sfrutta il collaudato canovaccio Disney per commuovere e far riflettere, specie sulla perdita dolorosa del piccolo Hiro, sulla difficile rielaborazione del suo lutto e sulla costruzione di affinità empatiche tra i singoli personaggi, nella seconda parte, più rocambolesca e avventurosa, siamo dalle parti dello strabordante action Marvel, con duelli ad alta quota e alto ritmo dell’azione, senza che venga meno la componente emotiva, molto miyazakiana, che non è mai subordinata agli effetti visivi. La congerie di modelli e stili contribuisce a creare un clima sospeso tra immaginazione e sogno, tra favola per un pubblico di giovanissimi e racconto edificante per adolescenti, definendo in maniera più netta il nuovo corso 2.0 dei Disney studios. “Big hero 6” è nei cinema dal 18 dicembre.

Trailer: http://youtu.be/DlLHLlk84cg

Vincenzo Palermo

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