Quando le banche arrivano in Teatro: Il Prestito

La recensione dello spettacolo Il prestito, in scena al Teatro Manzoni fino al 26 aprile 2015.

Voto: [usr 3]

il-prestito-teatro«Arriva sempre un momento nella vita di un uomo in cui rimane solo la parola»: questa battuta pronunciata nei primi minuti de Il prestito (spettacolo visto al Teatro Manzoni) esplicita la chiave usata da Jordi Galcerán per costruire la partitura drammaturgica della commedia, oltre a rivelare un’amara verità. Mentre è in scena con successo a Madrid e a Barcellona, l’allestimento italiano gode della regia di Giampiero Solari e della coppia già consolidata costituita da Antonio Catania e Gianluca Ramazzotti (avevano riempito le platee di turno con “Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa” di Ray Cooney). Quando il sipario si apre, sulle tende veneziane viene proiettata (in tre riquadri) la foto di famiglia di uno dei protagonisti, quasi a lanciarci subito un segnale su quell’elemento che si rivelerà molto importante anche come “appiglio”, ma per non togliervi il gusto della sorpresa, non possiamo rivelarvi altro. Sin dall’uso delle luci (disegno luci di Stefano Lattavo) e anche dall’impianto scenico (curato da Alessandro Chiti) si riconosce la firma del regista italiano, che ha pienamente nelle sue corde questo tipo di teatro, sa creare la giusta casa a quella parola contemporanea che dà vita alla commedia (oltre ai one man show che dirige) e il duo Catania-Ramazzotti cavalca perfettamente il ritmo creato dallo scrittore catalano. il-prestitoSe Lehman Trilogy di Stefano Massini, regia di Ronconi, tratta di una grande banca (certo tirata su da persone in carne ed ossa) e della sua parabola, qui l’occhio di bue illumina i piccoli pesci. Siamo in un ufficio di una banca qualunque, con un direttore pignolo (Catania), ligio ai suoi principi, il quale, pur di fronte a richieste non eccessivamente onerose, con la “scusa” della crisi, mette in campo l’asso delle “garanzie”. Antonio (Ramazzotti) è un uomo in cui chiunque di noi potrebbe identificarsi, in fondo sempre più si avverte la necessità di chiedere un prestito e magari di incontrare difficoltà nell’ottenerlo per, appunto, quelle garanzie che il sistema stesso ti porta a non avere, innescando così un circolo vizioso. La scenografia rotante fa sì che il pubblico possa guardare da più angolazioni l’ambiente che si fa co-protagonista; infatti, con un taglio cinematografico, Solari ci offre una panoramica a 360 gradi di ciò che quella stanza della banca rappresenta e anche se i due, inizialmente, potrebbero raffigurare il buono e il cattivo, man mano che la vicenda si dipana e i toni si alternano, anche i ruoli si scambiano. La parola diventa sempre più una palla che si rimbalza, un’arma che ognuno dei protagonisti usa per ottenere qualcosa dall’altro e l’autore de “Il metodo Grönholm” (anch’esso molto legato all’attualità e al lavoro) sa benissimo quali termini utilizzare. Va da sé che alla base del cosiddetto “play” teatrale ci sia la parola, ma ci vuole arguzia nel creare quel gioco e ne Il prestito Galcerán ne dimostra tanta, dando luogo a continui richiami tra il linguaggio economico-bancario e quello umano – che talvolta si disumanizza – e, in particolare, d’amore, ma anche in questo caso non possiamo andar oltre altrimenti vi sveleremmo i suoi espedienti linguistici. Aggiungiamo solo che in alcuni scambi dialettici si riconosce anche una sottile ironia su come spesso nel nostro «sistema neo liberale» alcune relazioni vengano date per scontate e non si riesce a spiegare perché siano diventate indispensabili per la nostra vita.

 

“Il Prestito”

di Jordi Galceran

Versione italiana di Pino Tierno

Con Antonio Catania e Gianluca Ramazzotti

La regia è di Giampiero Solari

Produzione LA CONTEMPORANEA srl diretta da Fioravante Cozzaglio e ARTU’ diretta da Gianluca Ramazzotti in collaborazione con il FESTIVAL DI BORGIO VEREZZI

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