Ettore Bassi: attore che ama sperimentare

Ettore Bassi, intervista all’attore  Quando il fascino incontra il talento potremmo pensare di avere tra le mani la formula perfetta ed effettivamente “sulla carta” nulla può smentirci. Nella vita reale però non è propriamente così: viviamo giorni in cui le apparenze spesso soffocano i contenuti, in cui si ha bisogno continuamente di catalogare ed etichettare ogni cosa per avere la sensazione di un fantomatico “controllo della situazione” e così spesso ci perdiamo la meraviglia della scoperta, della sorpresa che nasce dalla possibilità di una mente aperta al nuovo, desiderosa di sperimentare e guardare sempre avanti, una mente come quella di Ettore Bassi. Vedendolo in teatro, si ha la consapevolezza di trovarsi difronte a un attore con la A maiuscola, in una versione del tutto nuova, lontana dai cliché che gli sono stati affibbiati e capace di catturare l’attenzione del pubblico grazie alla potenza del proprio lavoro.

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Ettore Bassi, quali sono le opportunità che ti sei faticosamente dato cercando di liberarti dai cliché iniziali della tua carriera di attore?
La tendenza che ho riscontrato in questi anni di lavoro è una sorta di istinto naturale di conservazione del Sistema, per cui avendo trovato qualcosa che “funziona” si cerca di replicarlo all’infinito. Il problema nasce nel momento in cui parliamo di Cultura (termine non solo ampio ma anche ardito quando si parla di fiction tv), perché bisognerebbe parlare anche di ricerca, quindi di volontà di sperimentare cose che vadano in diverse direzioni per poter proporre al pubblico uno spettro più ampio su cui riflettere, invece si formano dei cliché e su questi si tracciano dei percorsi finendo per far poggiare tutto sulla comodità di qualcosa che si conosce e che come tale va spremuto. Dal mio punto di vista di attore cercare di offrire a me, al pubblico e alle persone che mi usano (dal regista, al produttore fino alla rete televisiva) la possibilità di fare cose diverse, rompendo questa sorta di barriera, diventa una gran fatica, ma non è impossibile, perché cerchi di farlo dove trovi uno spazio adeguato, non ritenendo necessariamente che la televisione sia il diavolo o qualcosa da cui fuggire. Ho cercato di mettere nei ruoli che mi sono stati proposti negli ultimi anni qualità che andassero in direzioni diverse rispetto al cliché a cui mi avevano avvicinato per abitudine. In teatro, dove si riesce a essere più indipendente, ho più opportunità di proporre idee nuove e anche di suggerire impieghi diversi di me e questo porta risultati. Se pensi che sono passato dalla commedia sulla sedia a rotelle al dramma futurista sulla fine del mondo, al testo classico contemporaneo inglese di ambientazione noir, alla commedia sociale, al musical cinematografico…possiamo parlare di un percorso in cui il cambiamento è possibile!

Davvero un bel ventaglio di opportunità! Hai nominato il musical cinematografico: sarà il tuo prossimo spettacolo in teatro, ce ne parli un po’?
Sarà una trasposizione teatrale del film “The bodyguard”, con Whitney Houston (ruolo che sarà della cantante Karima) e Kevin Costner. È una produzione inglese che ha debuttato a Londra con grande successo. Sarà un’operazione sontuosa, con l’orchestra dal vivo, molti balletti… insomma una bella opportunità di sperimentare qualcosa di nuovo! Saremo stanziali a Milano per tre mesi al Teatro Nazionale, quindi in pieno stile Broadway.

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Ettore Bassi, ti confronti con uno dei ruoli e degli attori più amati di sempre: che effetto ti fa?
La cosa mi inorgoglisce molto! Non mi spaventa, non per presunzione ma perché lo sento come un ruolo, un carattere abbastanza vicino a me.

Beh non vediamo l’ora di vederti! Intanto nell’attesa chi è a Roma può andare a teatro a vedere “L’amore migliora la vita”, commedia che ti regala un ruolo insolito…
Sì, è una commedia di Angelo Longoni ed è un lavoro di cui sono molto contento. Potrei definirla una ”commedia cattiva” in cui interpreto un ruolo “cattivo”, non perché faccia del male ma perché si tratta di un personaggio molto vero, realista, cinico, con aspetti poco edificanti ma con un gran senso. Inoltre sono la Voce dell’autore…

Infatti non è la prima volta che lavori con lui…e vedendo questi lavori sembra quasi tu sia un po’ il suo alter ego, è così?
Sì esattamente! E la cosa mi diverte e inorgoglisce insieme! Sento di aver con Angelo un bel legame, lo stimo molto come scrittore, sceneggiatore e lo trovo un regista intelligente, che ascolta e ama gli attori. In teatro con lui ho fatto lo spettacolo “Il muro” con musiche dei Pink Floyd suonate dal vivo, e ho fatto un piccolo cammeo nel film “Mal d’amore”.

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So che c’è un altro spettacolo in teatro che consideri un po’ una tua creatura, ce ne parli?
Ti riferisci al “Sindaco Pescatore”! È un gioiellino! È un progetto nato da me, pensato da me, poiché ero alla ricerca di qualcosa che potessi sentire ‘mio’. Desideravo però qualcosa di snello, con cui avrei potuto confrontarmi con il pubblico e avere un riscontro in un rapporto quasi one to one. Da qui è nato questo monologo con la regia di Enrico Maria Lamanna, l’adattamento di Edoardo Erba e le musiche originali di Pino Donaggio in cui sono solo in scena con un gruppo di ragazzini ogni volta diversi, che recuperiamo su piazza e a cui faccio due ore di training prima dello spettacolo! È stato un onore poter raccontare la storia di Angelo Vassallo, e poter portare questo spettacolo nelle scuole ha un grande valore per me!

Ettore Bassi, dopo tanto teatro, torniamo in tv! Hai finito di girare da poco una nuova serie…
Eh sì, e potrebbe anche determinare una piccola svolta… “La porta rossa” è un qualcosa che sta prendendo una forma che ci saremmo tutti augurati, che è quella di una serie con caratteristiche che finalmente stiamo dimostrando di poter fare in Italia! Senza presunzione, ma questa è una serie che sta per essere distribuita all’estero, poiché rappresenta un lavoro ben fatto, ben scritto, ben diretto, ben interpretato, accattivante…. La grande vittoria è che si tratta di un lavoro tutto italiano ed è originale, scritto da Carlo Lucarelli, diretto da Carmine Elia con Lino Guanciale e Gabriella Pession. Questo lavoro ha un codice preciso: non c’è più la storia patinata per forza, che compiace tutti e che deve piacere a tutti costi al pubblico sul divano, ma anzi dà la possibilità al pubblico stesso di dimostrare di poter recepire e apprezzare un lavoro nuovo! E chissà, questa potrebbe essere l’apertura di una crepa nel muro del cliché!

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