U2 e il nuovo album “Songs of Innocence”, recensione

La recensione di “Songs Of Innocence”, il nuovo album di inediti degli U2, da scaricare gratis fino al 13 ottobre dal sito ufficiale della band e da iTunes 

U2 - Songs Of Innocence2_photo credit_PAOLO PELLEGRIN

Ormai tutti sappiamo dello scherzetto che gli U2 ci hanno giocato qualche ora fa con “Songs Of Innocence”. Un intero album di inediti da scaricare gratuitamente (ripeto: gratuitamente) dal sito ufficiale della band e da iTunes (fino al 13 ottobre). Un bel regalo della Apple e della band di Bono che tutto il mondo, ancora scioccato, sta apprezzando. Undici brani che ci riportano alle origini degli U2, alla new wave anni Ottanta e che strizzano l’occhio anche al punk-rock. Si tratta della colonna sonora di un viaggio all’interno della sfera più intima e oscura di Vox e compagni, tra storie personali, anche molto toccanti, e ricordi di gioventù. Percorriamo, traccia per traccia, la via che ci conduce a “Songs Of Innocence”.

U2_SONGS OF INNOCENCE

“The Miracle (of Joey Ramone)”. Il disco parte in quinta con questo omaggio al primo vero amore musicale di Bono, i Ramones. Attenzione: non si tratta di un copia e incolla di un brano della celebre punk-rock band statunitense, quanto piuttosto di un pezzo che trae spunto dal sound originario dei fratelli Ramone, per poi prendere il largo e navigare in acque melodiche più fluide, spinti dalla potenza della chitarra di Edge e dalla bellezza della voce di Bono (sì, si può tentare di fare un pezzo punk melodico senza cadere nella banalità o essere etichettati come vecchi nostalgici privi di nuove idee). “Every Breaking Wave”, invece, è una ballad 100 per cento made in U2. L’intro di chitarra profuma di romanticismo (un po’ ricorda “With or without you”) e ci getta tra le braccia di un ritornello nel quale Bono canta l’amore spezzato, descrivendo una storia giunta al capolinea dopo tanti anni ma che lascerà un segno indelebile nelle anime di entrambi.

“Songs of Innocence” può essere letto come una sorta di diario intimo della band, attraverso le cui pagine si possono conoscere, se non addirittura toccare con mano, ricordi ed emozioni legati all’infanzia e all’adolescenza degli U2 (di Bono in primis). Ed ecco, infatti, “California (There Is No End to Love)”, una canzone dedicata al primo viaggio compiuto dal gruppo nei primissimi anni Ottanta proprio nello stato americano. L’intro è tutto alla Beach Boys, poi il brano si trasforma e prende una piega new wave. No, non vi è nulla di californiano, niente che ricordi spiagge, sole e ritmi caldi. La base musicale, condita di archi e tastiere imponenti, ci catapulta di nuovo negli anni Ottanta. Una traccia spiazzante, da ascoltare più volte per comprenderla a pieno e coglierne sfumature e dettagli.

U2 - Songs Of Innocence 1_photo credit PAOLO PELLEGRIN

Altro brano, ennesima ballad. “Song for Someone” suona delicata, dolce e raffinata. Bono racconta il primo incontro con la moglie Ali. Nonostante la giovanissima età (lui 13 anni, lei 12), la scintilla dell’amore è scattata non appena i loro sguardi si sono incrociati e le loro labbra si sono assaggiate. Un sentimento puro, sincero, duraturo e che ancora oggi alimenta sogni e progetti di vita. ”Iris (Hold Me Close)” è forse la traccia più commovente dell’intero album. Bono la dedica alla madre, Iris Hewson, scomparsa quando lui aveva appena 14 anni e proprio il giorno del funerale del nonno. Un trauma che ha segnato l’artista irlandese, una ferita al cuore che ancora oggi sanguina e fatica a rimarginarsi. Non è la prima volta che Vox dedica un brano alla madre (lo fece già con “Tomorrow” nel 1980 e “I Will Follow” nel 1981) ma mai si era spinto così in profondità, rivelando una parte di sé ancora nascosta.

U2_BonoEd eccoci a “Volcano”, sesta traccia del disco. L’inizio promette faville: il suono del basso graffia a dovere mentre le chitarre donano quel tocco rock energico che rende il pezzo robusto e diretto, nel quale le voci si trovano perfettamente allineate alla musica. La regina di “Songs of Innocence”? Assolutamente “”Raised By Wolves”. Il testo parla chiaro: si tratta dell’unica canzone a sfondo politico del disco. Bono racconta di un terribile episodio accaduto quando era bambino, un attentato terroristico avvenuto nel 1974. Un’auto, con all’interno una bomba, esplose nella sua amata Dublino, portando morte e distruzione. “Ancora non ci credo, ancora non ci credo”, canta Bono nel brano, descrivendo ciò che i suoi occhi videro quel giorno. Dal punto di vista musicale, “Raised By Wolves” è un pezzo atipico nella produzione degli U2. Il ritornello ha un retrogusto nordeuropeo, quasi scandinavo. Una canzone davvero sorprendente, ritmata, in cui piano, chitarra e voci (anche campionate) creano il giusto pathos.

U2 360 Tour - New Meadowlands Stadium“Cedarwood Road” è il nome della via nella quale Bono è nato e cresciuto. Il brano è dedicato a Guggi Rowan e a tutti gli amici della sua infanzia. Un pezzo rock ma al contempo nostalgico, nel quale ricordi ed emozioni si intrecciano. “Non puoi ritornare in un posto che in realtà non hai mai lasciato”, afferma Bono. Il suo cuore è ancora là, tra i sorrisi e gli abbracci dei suoi compagni, tra le risate ma anche le sofferenze della sua giovinezza. Non è chiaro, invece, a chi sia dedicata “Sleep Like a Baby Tonight”. La storia raccontata è quella di un uomo triste, a limite della depressione, i cui “occhi sono rossi come il Natale” mentre legge sconsolato il giornale e fa colazione con “toast, tea and sugar”. Il sound è ancora quello ipnotico degli anni Ottanta, tra synth dark e un assolo di chitarra da brividi.

“Songs Of Innocence” si chiude con due brani molto distanti tra loro. “This is where you can reach me now” è dedicata ad un altro mito “punk” di Bono, Joe Strummer, leader dei Clash, e ad un loro concerto, datato 1977, al quale gli U2 parteciparono e che ha segnato la vita artistica di ciascuno di loro. Con “The Troubles”, invece, Bono torna a parlare dei suoi incubi personali, anche legati alla situazione della sua Irlanda negli anni Settanta e Ottanta, e dei fantasmi che si porta dietro da sempre ma che ha imparato a gestire e a superare in un modo o nell’altro. Il brano, che vede la partecipazione di Lykke Li, si presta perfettamente come finale di un album- confessione, intimo, a tratti commovente, talvolta nostalgico e malinconico. “The Troubles” cala il sipario su “Songs Of Innocence”, ma ne fa salire un altro, forse quello più atteso, su un altro progetto che, a breve, prenderà vita: “Songs Of Experience”.

Silvia Marchetti

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