John Lennon, trentaquattro anni senza l’anima dei Beatles

LennonErano le 21.52 dell’8 dicembre 1980. 72ª strada, Upper West Side, New York City. “Hey, Mr. Lennon”, a pronunciare queste parole un venticinquenne americano con gli occhiali doppi e un po’ in carne, il suo nome è Mark Chapman. Poche ore prima aveva chiesto a John un autografo, mentre un fotografo immortalava la scena in un’immagine che avrebbe fatto storia. Poi lo aspettò lì. Quando il Beatle rientrò, il ragazzo sparò 5 colpi di pistola. “I was shot”…fu l’ultima frase del musicista inglese prima di perdere i sensi. Morì 20 minuti dopo. Un omicidio tanto efferato quanto inspiegabile che sconvolse il mondo. E non solo perché John Lennon era la più grande star che la musica internazionale avesse conosciuto, ma perché lui era di più, molto più.

Lui, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr avevano dato al mondo una lezione che nessuno hai mai dimenticato. Ci hanno insegnato che l’arte non è fine a stessa, ci hanno insegnato che con una chitarra, un ciuffo ribelle e tante cose da dire si può cambiare il mondo. Come sempre, è stato proprio Lennon a esprimere al meglio questo concetto: «Gli anni Sessanta hanno assistito a una rivoluzione tra i giovani, che non si limitata solo ad alcuni piccoli segmenti o classi, ma che ha coinvolto l’intero modo di pensare…I Beatles furono parte di questa rivoluzione…Eravamo tutti nella stessa barca: una barca che andava alla scoperta del Nuovo Mondo. I Beatles erano di vedetta».

In altre parole: i Beatles sovvertirono l’ordine e John Lennon divenne il volto di questa ribellione. Un uomo, un cantautore, un polistrumentista, un attore, un poeta, un carattere controverso che si elevò a simbolo e che ancora oggi continua a esserlo. E probabilmente fu proprio questo a causarne la morte, il suo essere “qualcosa di più”, in ogni frangente.

John Lennon

Ripercorrere la sua vita, le sue parole, le sue provocazioni (celeberrima la rinuncia al titolo di baronetto), le sue canzoni sarebbe superfluo. La cosa che più importa è che, a 34 anni di distanza da quell’8 dicembre, si ha l’impressione che tutto quello che ha fatto, l’ha fatto per una ragione, una motivazione che ha influito fortemente su quello che siamo diventati.

Con la sua Imagine, brano simbolo non solo della sua discografia da solista, ma di un modo di pensare, agire e vivere il mondo, ha descritto un universo che non possiamo far altro che considerare utopico, ma in cui tutti vorremmo stare. Il suo assassinio, a soli quarant’anni, ci ha privato di una persona che avrebbe descritto l’ingiustizia con franchezza e rabbia, con forza e consapevolezza. Un uomo che forse ci avrebbe aiutato a reagire perché “If you want to be a hero, well, just follow me.”

John Lennon e i “suoi” Beatles, in fondo, hanno realizzato il sogno di ogni artista. La loro musica è entrata nei libri di storia, nelle scuole, nelle università e ancora oggi rappresenta una parte importante del panorama culturale mondiale. Perché come diceva proprio lui “la musica è di tutti”, ma solo uno è riuscito a renderla storia.

Immagine: Ascoltala qui

Vittoria Patanè

 

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