WALTER BONATTI: IL MONDO IN 80MILA FOTOGRAFIE

© Archivio Bonatti/Contrasto

Un uomo d’avventura, che non temeva la natura e la sfidava a viso aperto, senza compromessi e spesso rischiando la vita. Walter Bonatti, alpinista e scalatore, ma anche giornalista e fotografo, è morto un anno fa, il 14 settembre 2011, ma il ricordo delle sue imprese è ancora vivo nella memoria di quanti lo hanno seguito e amato. Le sue imprese, i suoi viaggi e le numerose avventure nei luoghi più suggestivi e pericolosi del mondo continuano a emozionare attraverso le sue 80mila fotografie, scattate come inviato e giornalista e oggi gestite dall’agenzia fotografica Contrasto. Immagini vivide, che trasmettono il senso dell’avventura provato da Bonatti e che regalano a chi le guarda una sete di scoperta indescrivibile, la stessa che ha animato lo scalatore bergamasco per tutta la sua vita, fino all’età di 81 anni, quando ha deciso di partire per un viaggio senza ritorno.

Bonatti ha incarnato gli eroi della letteratura raccontati da Salgari, Jack London e Melville, è stato un Indiana Jones ecologista, sempre pronto per una nuova missione. Dalle Ande all’Alaska, dai Caraibi all’Antartide, dalla Patagonia al cuore dell’Africa, non ha mai smesso di inseguire la sua passione, il pericolo. Le fotografie scattate nel corso della sua vita ben descrivono il carattere irrequieto e impetuoso di Bonatti, il primo a importare sulle Alpi Occidentali le tecniche di scalata estrema sviluppate in Dolomiti nell’ambito della scuola degli orientalisti. Poi arrivò l’impresa del 1955: Bonatti scalò il Petit Dru (crollato nel 2005) sempre sul Bianco, inventandosi un pendolo realizzato annodando tutto il materiale che aveva in possesso. La sua carriera fu un susseguirsi di scalate sensazionali, alcune delle quali hanno inaugurato nuove fasi nella storia dell’esplorazione verticale delle Alpi. Compì la prima invernale alla parete nord della Cima Grande di Lavaredo e della Cima Ovest, l’invernale alla Nord delle Grandes Jorasses e tante altre imprese, sulle Ande, in Karakorum. Concluse la sua vicenda alpinistica nel 1965, centenario della conquista del Cervino, salendo la Nord della montagna da solo, in inverno, lungo un nuovo itinerario.

La sua vita, però, è stata anche segnata da lunghe polemiche, incomprensioni, scontri giudiziari, come quelli avvenuti in seguito alla conquista italiana del K2 nel 1954, quando si trovò in conflitto con Lacedelli e Compagnoni, da lui accusati di averlo lasciato senza tenda a quota ottomila. Soltanto nel 2004 la commissione d’inchiesta del Club Alpino Italiano riconobbe la versione di Bonatti, riabilitando il suo nome in relazione a quella vicenda, dopo la quale l’alpinista bergamasco scalò quasi sempre in solitaria. Dopo il ritiro si dedicò al giornalismo e all’avventura, viaggiando per il mondo, scrivendo libri e scattando foto. Immagini di un mondo affascinante e pericoloso, di una natura mai doma e del desiderio di infinito dell’uomo, alla ricerca di sempre nuovi orizzonti per sognare.

Piera Vincenti

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