Charlie Hebdo e la libertà di stampa nell’Europa Unita

Come direttore di questa testata, che si prefigge l’obiettivo di raccontare la cultura attraverso anche uno scambio etnico, in un mondo in continuo movimento, e governato dalle leggi della globalizzazione, non posso far altro che esprimere il mio pensiero (presumo quello di molti collaboratori e redattori di culturaeculture.it) sull’attentato subìto dal Charlie Hebdo, settimanale satirico francese, a causa del quale hanno perso la vita dodici persone, tra cui il direttore della testata, Stephane Charbonnier (nella foto).

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Dire che la notizia mi abbia addolorata, è fin troppo scontato, piuttosto vorrei riflettere insieme a voi sulla libertà di stampa e sui pericoli che la nostra categoria corre quando cerca di raccontare la verità, anche a costo della vita stessa. L’hanno fatto in molti e in molti hanno perso la vita, in Italia e all’Estero.

Lo aveva fatto Giancarlo Siani e fu ucciso per questo. Lo aveva fatto anche Oriana Fallaci che, pur non perdendo la vita, aveva pagato a caro prezzo quelle parole scritte e dette senza se e senza ma, con le quali difendeva l’Occidente in nome di quel Dio Cristiano, al quale lei diceva di non credere, ma siccome, sosteneva, Egli è parte integrante della cultura europea va difeso, perché Egli ha predicato l’amore, aggiungo io, e non l’odio. In nome della libertà di pensiero, anche Anna Stepanovna Politkovskaja si mise contro i poteri forti e perciò fu uccisa. «Il mio unico dittatore è il lettore», diceva Indro Montanelli e proprio per i lettori molti giornalisti coraggiosi fanno scelte rischiose, perché spinti da principi basati sull’onestà intellettuale. Dire e scrivere.

E, anche se sai che potrebbero da un momento all’altro farti saltare in aria, tu continui imperterrito perché, se non segui la tua voce, ci soffri e, nonostante tu non muoia fisicamente, ti spegni spiritualmente, un pochino per volta. Attimo per attimo. Tu vuoi solo raccontare una faccia di quella verità che hai conosciuto tramite le tue preziose fonti. Ipotizzo che questi giornalisti siano stati spinti ad agire e a rischiare proprio sotto l’impulso di queste sensazioni. Quanto costa la libertà di stampa nel 2015? Tanto.

Ma tornando all’attentato al Charlie Hebdo e alle possibili rivendicazioni io, proprio perché figlia del Cristianesimo – che è tuttavia una religione di uomini che commettono e hanno commesso nei secoli azioni crudeli di cui si pagano oggi le conseguenze –, suggerisco di porgere l’altra guancia, sempre e comunque, perché dall’odio nasce altro odio e la forza non sta nella violenza ma nella pace o meglio nella lotta pacifica, come incitava a fare Gandhi. Proteggere la propria cultura vuol dire fare scelte consapevoli e decise, senza dimenticare mai chi siamo e da dove siamo venuti ma nel rispetto delle idee e dei diritti altrui.

L’emotività di questi momenti non deve farci diventare delle bestie che seguono un’unica legge, quella del taglione, ma spingerci al raziocinio e a chiederci perché siamo arrivati a questo punto. Infatti, è noto che a volte, conoscendo le cause di una specifica situazione, si può anche porre rimedio per creare un dibattito costruttivo che tenga conto delle motivazioni altrui. Noi cercheremo di darvi delle risposte con alcuni articoli d’approfondimento nei prossimi giorni e settimane. Oggi però è il momento del cordoglio.

Maria Ianniciello

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